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Alpinisti morti, il soccorritore e l'ultima telefonata: «Erano vestiti in modo poco adatto, ci hanno detto di far presto»

15 ore fa 1
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«Fate presto, siamo vestiti male». È l’ultimo, accorato appello che Cristian Gualdi ha lanciato, al telefono, a Marco Iovenitti, il vice capo stazione dell’Aquila del Soccorso Alpino che ha tenuto i contatti con i due dispersi fino alla fine. E che ha trovato il corpo di Luca Perazzini con la sonda che ha trafitto il manto gelido nel punto preciso.

Iovenitti, cosa prova dopo aver sentito le loro voci?

«È difficile. Domenica ci siamo mossi in quattro, nonostante la bufera piena, proprio perché avevamo ascoltato il loro grido d’allarme. Questo ci ha portato a spingerci oltre l’asticella del rischio, per cercare di raggiungerli prima possibile. Sapevamo che nei giorni successivi le condizioni sarebbero peggiorate. Abbiamo fatto di tutto, di fronte alla loro richiesta di aiuti. La montagna, però, ha sempre l’ultima parola. Ti senti impotente».

Cosa vi siete detti nell’ultimo contatto al telefono?

«Inizialmente mi avevano detto di trovarsi a circa quindici metri di distanza l’uno dall’altro, “ci parliamo e ci sentiamo a voce”, ma dopo la caduta è sempre difficile rendersi conto ed evidentemente erano molto più vicini. Mi hanno chiesto di fare presto, perché erano vestiti in modo poco adatto: è stata l’ultima cosa».

I cani in che modo sono stati utili alle ricerche?

«Inizialmente si erano concentrati nella parte centrale della valle. Era importantissimo portarli in quota perché sono i primi attori in queste prime fasi. Poi, anche in base a quanto i due dispersi mi avevano detto, abbiamo concentrato l’attenzione su un’area specifica. È stato un lavoro di squadra».

Nell’area c’è molta neve?

«Dopo tre giorni e più di bufera, venti a oltre 180 chilometri orari ci sono delle zone pulite e altre con accumuli importanti. Da qui la decisione di muoversi in poche persone, con cautela, mettendo alcuni a fare da “vedetta” per controllare i pendii a monte, in costante contatto-radio. Abbiamo operato in sette, tra cui due unità cinofile. La fortuna è aver completato tutto in una mattinata».

È vero che nella caduta sono stati smarriti degli oggetti?

«Sì, qualcosa è stato perso. Il materiale che abbiamo trovato è stato riconsegnato. Avevano segnalato di aver perso anche uno zaino, ma lo abbiamo trovato».

La dinamica è confermata?

«Sì, sono stati loro stessi a dircela: sono scivolati durante la fase di discesa. Per questo si sono ritrovati in una posizione molto impervia».

E in condizioni in cui sopravvivere era quasi impossibile.

«Le temperature sono passate dai meno quattro gradi della notte di domenica, quando abbiamo fatto il primo tentativo a piedi ai meno quattordici o quindici gradi del giorno dopo, quando i venti hanno girato da Nord, via via aumentando di intensità».

Lei ha tenuto i contatti anche con le famiglie dei ragazzi.

«Sì e ci tengo a dire che sono state assolutamente collaborative, sono venute qua e hanno capito che non c’era possibilità di fare altro, era troppo rischioso. Sono state estremamente pazienti in tutto, hanno dimostrato grandissima dignità in un momento tragico. Le ringrazio per questo».

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