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Antonello Venditti: «A Sanremo quest?anno vincerà Giorgia, Elodie bravissima in quello che fa. Tony Effe? Il suo è solo un gioco»

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Con uno come lui non c'è bisogno di presentazioni, come nel talk show del grande David Letterman. Sabato prossimo sarà al Festival di Sanremo per ricevere il Premio alla carriera, il 17 e 19 giugno darà il via da Caracalla, a Roma, all'edizione 2025 del tour per i quarant'anni di Notte prima degli esami e dell'album Cuore, e due mesi fa ha pubblicato il libro Fuori fuoco. Antonello Venditti, a 75 anni, non si ferma un attimo.


Al Festival Conti ha sdoganato l'uso dell'autotune, il correttore d'intonazione: lo userà anche lei?
«Non ci penso proprio. Una cosa del genere neanche mi viene in mente».


Quante canzoni farà?
«Credo due, ma ancora non so quali. Odio le prove e deciderò sabato al mio arrivo a Sanremo».


Che ne pensa dell'autotune?
«Se serve per creare un suono particolare, qualcosa di nuovo, niente da dire. Io nel 2011 lo usai per il pezzo La ragazza del lunedì (Silvio), poi incluso nell'album Unica. Certo, se uno è stonato e lo utilizza per correggersi la questione diventa di coscienza personale. Il vero problema è che ormai noi italiani passiamo per quelli che usano l'autotune in maniera selvaggia».


Dal 1972, anno del suo primo disco (“Theorius Campus”, con Francesco De Gregori), a oggi cosa c'è voluto per arrivare fin qui?
«Non lo so. La mia vita, che potrei definire fantastica, è già un premio. E il fatto che Carlo Conti abbia voluto in qualche modo celebrarla è bello e sorprendente. Torno all'Ariston per la terza volta felice di poter socializzare ancora con giovani colleghi come Achille Lauro. Nel 2019 ricordo che mi piacque subito uno come Mahmood, primo con Soldi».


Quell'anno proprio con lui polemizzò Ultimo che, arrivato secondo con “I tuoi particolari”, contestò la giuria: quando subito dopo sparì si disse che al telefono con lui c’era proprio lei, giusto?
«Sì. Ci eravamo appena conosciuti. Ormai siamo amici, io e lui. Tengo molto a questi giovani perché per loro adesso è tutto più difficile: noi avevamo un percorso artistico da fare senza fretta. Loro anche se sono forti come Fedez, Lauro o Elodie hanno paura di scomparire nel giro di un mese».


In un contesto sociale già così tossico, pensa ci sia bisogno di un linguaggio esasperato, violento e divisivo come quello di Tony Effe, tanto per fare un esempio?
«Credo che il suo sia solo un gioco, che non ha consistenza nella realtà. È una rappresentazione. Altrimenti dovrebbero stare tutti in galera, no?». 


Mettere insieme i “nemici” Tony Effe e Fedez, far duettare quest'ultimo con Marco Masini per cantare un vecchio pezzo come “Bella stronza”, sapendo che tutti penseranno a Chiara Ferragni o ad Angelica Montini: vale tutto per fare ascolti?
«Non lo so. Questo è Sanremo. A me del Festival non piace l'idea della competizione, la trovo veramente insopportabile. La parola vittoria non mi dà alcuna emozione».

 
L'anno scorso disse che “Sanremo è da orticaria”. 
«Esatto. La gara a me, Francesco De Gregori e tanti altri fa questo effetto. Anni fa c'era addirittura il voto con le schedine del Totip, come se i cantanti fossero dei cavalli. E poi tutte quelle giurie... Ricordo il ribaltone del 2019 ai danni di Ultimo. Cercai di fargli capire che è un gioco di potere anche Sanremo. Che alla fine contano solo la musica e le persone, non il piazzamento. Io quest'anno vado anche per vedere come sono cresciuti i ragazzi. Ci tengo alla salute mentale di questi giovani».


Sono a rischio?
«Sì. L'anno scorso mi ha colpito molto la vicenda di Sangiovanni e ultimamente anche quella di Angelina Mango. Bisogna proteggerli: il successo fra euforia, alti e bassi, può provocare danni seri. Tendenze suicide, per esempio. Lo so perché ci sono passato, e mi accorgo subito se uno sta male. La parola magica che aiuta davvero è solo una: amicizia». 


Quindi ci vorrebbe un amico. 
«Sempre. Conta tantissimo. L'amicizia è un fatto così profondo e così misteriosamente umano e importante che va coltivata con cura».


Lei ha tanti amici?
«Spero di sì. Di sicuro se sono ancora vivo, e con il cervello ancora apparentemente a posto, è perché ho buoni amici e buone amiche».


A Sanremo in gara c'è anche Elodie, spesso al centro di polemiche sull'uso del corpo femminile come strumento di emancipazione. Che ne pensa?
«Di queste cose ne devono parlare le donne, io non mi intrometto». 

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E che ne pensa della battuta di Gino Paoli sulle cantanti “che emergono mostrando il culo”? 
«Quelli nella musica ci sono sempre stati. Però alla fine bisogna essere anche brave, da soli non bastano mai. Si diceva così anche di Madonna, che ancora oggi è una grande performer. Come la nostra Annalisa, che per me è una delle più grandi cantanti europee. Per me lei è tra le migliori quattro italiane di tutti i tempi. E anche Angelina Mango per me può diventare una star di prima grandezza. Come Giorgia ed Elisa».


Ed Elodie?
«Ha scelto quella strada, ma è assolutamente brava in quello che fa. E poi io aspetto sempre i cambiamenti. Magari Elodie un giorno arriva e sceglie canzoni diverse e conquista tutti. Non c'è niente di scontato nell’arte e io considero ogni espressione, anche visiva, validissima. Achille Lauro, per esempio, è un'installazione vivente». 


Dei 29 artisti i Sanremo con chi duetterebbe in un suo concerto?
«Non lo so. Sono troppo impegnato ad andarci io sul palco. Stavolta festeggerò anche i 50 anni di Lilli. E parlerò di meno perché quando lo faccio sembro sempre contro qualcuno. Invece io racconto solamente la mia vita, e oggi non sono né di destra né di sinistra». 


Questa è una notizia.
«Sembra sempre che io sia il rappresentante della sinistra ma non è così. Se oggi c'è un uomo lontano dalle etichette quello sono io».


Nel 2002 a piazza Navona Nanni Moretti fece il famoso intervento che finì così: “Con questi dirigenti noi di sinistra non vinceremo mai”. Con quelli di oggi?
«È da tempo che seguo solo me stesso. Non ho più bisogno di leader né di qualcuno che mi dica come la devo pensare in politica».


Non ci crede più?
«Credo sempre di più in me stesso».


E la Roma con questa proprietà vincerà mai qualcosa?
«La Roma non si discute, si ama. E loro? L'amore deve essere corrisposto. Sono preoccupato».


Che Italia si vede dal suo palco?
«Un Paese che si vuole riconoscere nella propria storia e in valori un po' accantonati come giustizia, poesia, cultura e musica». 


Se le proponessero un film sulla sua vita, come “The Complete Unknown” su Bob Dylan, accetterebbe?
«Ai miei familiari dico sempre: dopo la mia morte, impedite che qualcuno mi interpreti. Sono veramente lontano da queste cose. Sono dieci anni che mi offrono questi progetti e la risposta è sempre la stessa: non se ne parla».


L'ha visto il film su Bob Dylan?
«Non sono interessato a queste operazioni. Non mi piacciono».


Un suo disco con nuove canzoni potrebbe arrivare in tempi rapidi o no?
«Mettiamola così: è più probabile che faccia uscire una nuova canzone prima dei due concerti romani del 17 e 19 giugno a Caracalla. Ma la verità è che non so ancora quale».


A uno show in prima serata, per esempio su Rai1, ha mai pensato?

«Qualcosa in passato mi hanno chiesto, ma bisogna avere le idee chiare e una capacità organizzativa che io non ho. Oppure bisogna avere un grandissimo ego, cosa che io adesso sto smorzando».


Addirittura?
«Prima avevo un ego enorme, lo so. Lo stesso che mi ha portato fin qui, ma ora sinceramente mi ha stufato. Non ne ho più bisogno».


Come Claudio Baglioni farebbe il direttore artistico, magari con Stefano De Martino conduttore?
«No, per carità. Non riesco a organizzare la mia vita, figuriamoci una cosa del genere».


Chi vince il Festival secondo lei??
«Giorgia. Tutto mi induce a pensare che sarà lei a trionfare. Dopo X Factor ha fatto vedere che oltre a essere bravissima è anche simpatica».


A qualche rapper o trapper dal linguaggio spericolato ha mai raccontato che lei nel 1974 fu condannato per aver cantato “Ammazzate Gesù Crì quanto sei fico" nel brano “A Cristo?
«Mai. Che ne sanno della vera censura, ‘sti ragazzi».

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