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Assolta l'attivista curda Maysoon Majidi accusata di essere una scafista

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Si é conclusa con l'assoluzione "per non avere commesso il fatto" la vicenda giudiziaria di Maysoon Majidi, l'attivista curda ventinovenne che era stata arrestata il 31 dicembre del 2023 con l'accusa di essere una trafficante di uomini.

La giovane era stata arrestata dalla Guardia di finanza in occasione dello sbarco di 77 persone sulla base della dichiarazioni di due migranti, un iracheno e un iraniano, secondo i quali sarebbe stata l'aiutante del capitano Akturk Ufuk, reo confesso ed a processo con rito abbreviato.

Accusa che Maysoon Majidi ha sempre respinto. La giovane attivista curda ha dovuto sopportare la detenzione in carcere per dieci lunghi mesi prima che lo stesso Tribunale che oggi l'ha assolta, presieduto da Edoardo D'Ambrosio, disponesse la sua liberazione sulla base delle testimonianze rese nel corso del processo da numerosi altri migranti giunti a Crotone quell'ultimo giorno del 2023. Testimonianze ben più circostanziate e ritenute più affidabili rispetto a quelle dei due migranti che avevano accusato la giovane.

Malgrado il venir meno del castello accusatorio a carico della giovane, il pm d'udienza, Rosaria Multari, nel corso dell'udienza odierna del processo, ha insistito con le accuse nei confronti di Maysoon Majidi, chiedendone la condanna a due anni e quattro mesi di reclusione. "Nessuno sostiene - ha affermato il magistrato - che Maysoon Majidi sia una scafista in modo stabile e nessuno nega che sia un'attivista in favore dei diritti umani. Non potendo, però, pagarsi il viaggio, si é prestata a fare l'aiutante del comandante dell'imbarcazione carica di migranti. Una condotta che integra il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina in base all'articolo 12 del testo unico dell'immigrazione. Articolo che comprende ogni atto ed ogni forma di contributo idoneo a favorire l'ingresso irregolare nello Stato, anche per un movente umanitario".

Per l'avvocato Giancarlo Liberati, difensore di Maysoon Majidi, invece, "la giovane non ha mai favorito il traffico di clandestini. Anzi, é stata lei la prima vittima dei trafficanti". Alla lettura della sentenza, l'attivista curda é scoppiata in un pianto liberatorio di gioia insieme al fratello Razhan, che le era al fianco. "Un'innocente - ha detto poi la ragazza parlando con i giornalisti - può arrivare fino al patibolo, ma alla fine viene salvata. Per favore, non giudicate le persone che vengono qui in cerca di un'altra vita. Soprattutto i rifugiati politici che scappano da un dittatore, vengono qui ma vedono la loro dignità calpestata. Occorre evitare di essere accanto a quei regimi che ci perseguitano e che causano la nostra fuga. Le persone come me non scappano per una vita migliore ma perché cercano un posto sicuro dove vivere e continuare il loro attivismo. Noi abbiamo una lotta da continuare e non intendiamo rinunciarci". 

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