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'C'è chi vuole bloccare il Patto su migrazione'

9 mesi fa 10
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 "E' stata una maratona, sono molto orgogliosa". Ylva Johansson è la commissaria agli Affari Interni dell'Ue, praticamente la 'madrina' del nuovo Patto sulla migrazione, che l'Eurocamera si appresta a votare definitivamente. Ci ha creduto quando non ci credeva nessun altro. Ed è sicura che le nuove regole "ridurranno gli arrivi irregolari" nei Paesi di primo ingresso, come l'Italia, e "aumenteranno i rimpatri". Sempre che sull'Europa non si abbattano cigni neri. Il Patto, insomma, funzionerà. Sia nella protezione delle frontiere che delle persone, dei loro diritti.
Ed è per questo che "ci sono forze politiche" che remano contro e puntano a silurare il Patto: perché vogliono che la migrazione resti "un tema tossico da sfruttare".

Johansson - nel corso di un'intervista rilasciata all'ANSA e ad altre agenzie europee - si è detta consapevole che resti però da doppiare l'ultima boa e che le acque, al Parlamento Europeo, non siano proprio un olio. "Il Patto sulla migrazione è un pacchetto, non solo politicamente ma anche tecnicamente, è tutto collegato: se il Parlamento non approva tutte le tessere legislative che lo compongono può fallire", ha sottolineato. "Ma non credo che accadrà. Sarebbe difficile spiegare ai cittadini europei, poco prima delle elezioni, perché dopo aver percorso tanta strada poi si vota no". Johansson al contempo non pensa che la crescita dell'estrema destra (stando ai sondaggi) potrà intralciare l'attuazione delle riforme, una volta approvate.

"Il Patto è sostenuto dalla stragrande maggioranza dei Paesi, le capitali sono determinate e per la Commissione è una priorità", assicura. Tanto che le linee guida per l'attuazione, previste a settembre, saranno invece pubblicate dall'esecutivo Ue già a giugno, per dare così ai 27 più tempo per la presentazione dei singoli piani di messa a terra nazionali. La transizione durerà due anni e la Commissione assisterà "ogni Stato membro", valutando anche le corrette misure finanziarie collegate. E chi non si adeguerà alla fine dovrà affrontare "la procedura d'infrazione".
Certo, l'approvazione del Patto non risolverà i problemi come per magia. "La migrazione sarà sempre con noi, ce lo dicono le proiezioni", mette in guardia la commissaria svedese. Le riforme vanno quindi affiancate da altre misure, in particolare sul fronte della dimensione esterna, stipulando accordi con i Paesi terzi, di origine e di transito.

"Dobbiamo limitare le partenze e costruire percorsi legali di migrazione, che sono di competenza nazionale ma spero - si augura - si possa agire di più con un approccio 'Team Europe'. Poi sarà cruciale affrontare i trafficanti di esseri umani, che sono forti e organizzati, ci vorrà coraggio". Se tutto va bene però l'Europa potrà affrontare le sfide del futuro con strumenti più moderni, che finalmente trovano in equilibrio tra il principio di responsabilità e di solidarietà. Il meccanismo individuato per ovviare agli stati di crisi, che prevede una quota da 30mila ricollocamenti e 600 milioni di contributi, serve per non "partire da zero" e rassicurare i Paesi. "Il Patto prevede una sorta di assicurazione, la Commissione c'è, nessuno è più solo".

Ovviamente, del futuro non v'è certezza. "Il Patto non può predire come evolverà il mondo: il golpe in Niger mi preoccupa molto, potrebbe portare più migranti attraverso percorsi pericolosi", avverte. Ma intanto si fissano dei paletti. "Credo che i cittadini europei vogliano che si aiutino le persone che fuggono dalla guerra e dalle persecuzioni", conclude. "Inoltre siamo una società che invecchia, abbiamo bisogni di migrazione legale. Chi però non ha diritto a restare deve essere rimpatriato". 

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