Le origini del Giubileo risalgono all’Antico Testamento, al Libro del Levitico. La legge di Mosè stabiliva per il popolo ebraico un anno speciale: «Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel Paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è il giubileo, esso vi sarà sacro; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi. In quest’anno del giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo». Questo anno particolare veniva annunciato con un corno d’ariete, chiamato «Yobel»in ebraico, da cui deriva la parola «Giubileo». Durante questo anno si restituivano le terre agli antichi proprietari, si rimettevano i debiti, si liberavano gli schiavi e si lasciava riposare la terra.
Il testo biblico ci sorprende per l’attualità e ci guida nella comprensione del gesto che papa Francesco compirà stanotte: le sue mani poggiate sulla porta daranno il via all’Anno Santo e insieme alla luce del Natale. Un anno in cui oltre 30 milioni di pellegrini raggiungeranno Roma. In un mondo in guerra, in un’Italia in testa alla classifica per la corruzione, dobbiamo tornare al testo del Levitico, che ci dona tre grandi messaggi cui ispirarci.
Il primo: l’amore per la terra, mai così maltrattata e sfruttata. Le catastrofi climatiche stanno diventando un problema all’ordine del giorno. Il Levitico ci ricorda di far riposare la terra.
Il secondo: la dignità delle persone. Nessun uomo deve considerare l’altro come uno strumento.
Ed infine: l’equa distribuzione dei beni, la giustizia sociale.
Il Giubileo diventa così un grande esame di coscienza per la Chiesa, chiamata a testimoniare limpidamente pur nella povertà dei limiti umani. Ma sia un’esame di coscienza anche per chi ci governa ed è chiamato a legiferare. Vorrei usare una parola forte: chi ci governa dovrebbe farlo «profeticamente», pensando non all’interesse immediato ma alla capacità di guardare oltre. E infine sia una riflessione interiore per ogni uomo di buona volontà, credente e non credente.
Ha ragione Margherita Hack quando afferma che Gesù ha trasmesso valori che sono essenziali anche per chi non crede.
Risuonano ancora le parole di Benedetto XVI che valgono anche per questo Giubileo: il Natale non è una favola per bambini. Il Giubileo – aggiungiamo noi – non è una passeggiata per turisti, ma quel passo decisivo, esistenziale, chiamato a trasformare in meglio la vita di ciascuno di noi, la vita delle nostre società. Quando varcheremo quella porta – spero in tanti – saremo solo noi al cospetto di Dio. E ad accoglierci ci sarà alla nostra destra la Pietà di Michelangelo. Proprio questo capolavoro ci indica gli orizzonti che nella nostra vita sono chiamati a congiungersi. L’altezza della croce della Cupola, che ci invita ad elevarci verso Dio, e il capo di Maria sul corpo di Dio che ci chiede di chinarci verso l’umanità sofferente. E a tutti vorrei donare una semplice preghiera che diventa programma di vita e dà senso al passaggio giubilare. «Vorrei essere come una porta che allontana freddo e gelo, che protegge e fa incontrare».