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Coppia aggredita a Roma: “Noi picchiati dal branco perché gay. La cosa più triste è che erano ragazzini”

2 giorni fa 1
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ROMA. In otto – forse anche dieci – contro uno. La notte di Capodanno mentre rientrava da una cena con amici, mano nella mano con il compagno, Sthepano Quinto è stato aggredito da un gruppo di ragazzini. «Molti di loro probabilmente erano minorenni e questo è quello che mi sembra ancora più triste», racconta. Le forze dell’ordine hanno individuato l’appartamento da cui arrivava il gruppo di assalitori, presto potrebbe risalire anche ai loro nomi.

Venticinque giorni di prognosi, naso fratturato, traumi sull’occhio sinistro, sul dorso, sulla colonna vertebrale, su una mano, sulle ginocchia, ovunque siano andati a finire calci e pugni assestati dal gruppo di ragazzi a cui non andava bene che Sthepano e il compagno camminassero mano nella mano o più probabilmente che esistessero.

I ragazzi avevano iniziato a insultarli già intorno alle nove, quando erano passati la prima volta sotto il loro appartamento al primo piano di un palazzo che affaccia su una strada tra il quartiere Prenestino e Pigneto. Hanno ricominciato a insultarli quattro ore dopo, quando Sthepano e Matteo sono passati di nuovo di lì per tornare a casa. «Froci di m..» è stata una delle frasi più gentili che si sono sentiti rivolgere. «Poi il più agitato di loro ha detto: andiamo a menarli. A quel punto mi sono voltato e ho fatto segno di finirla lì. Nessuno vuole iniziare l’anno litigando e poi erano ragazzini, non aveva alcun senso mettersi a raccogliere la loro provocazione», racconta. Il gruppo invece ha deciso di scendere in strada e di inseguirli. In un istante Sthepano se li è trovati addosso. In otto, almeno, ma forse anche di più. «Mi hanno buttato per terra - racconta -, ho afferrato con le braccia quello che sembrava il capo ma loro hanno iniziato a dare calci, pugni e sputi. È questo che ti piace frocio di m..., mi urlavano. Quando ho ricevuto il primo calcio sul naso ho visto le stelle. Mi sono girato e mi sono coperto la testa, sapevo che con un colpo sbagliato mi avrebbero potuto ammazzare. Nel gruppo c’era solo una ragazza, credo che si tratti della figlia dei proprietari dell’appartamento. Ricordo di aver sentito che ha provato a opporsi dicendo che sarebbe stata lei a finire nei guai ma gli amici hanno continuato a colpirmi».

L’aggressione è durata oltre dieci minuti, un tempo infinito. Matteo, nel frattempo, provava a difendere il suo compagno, ma il gruppo dei ragazzi ogni volta lo respingeva. Poi ha impugnato il cellulare e ha iniziato a fare un video minacciando di mandarlo alla polizia. A quel punto gli assalitori hanno lasciato Sthepano, hanno costretto Matteo a cancellare il video e sono corsi a rifugiarsi a casa spegnendo le luci e fingendo di dormire. Sthepano è riuscito a fatica a rialzarsi, il volto gonfio e sangue ovunque. Ha provato a fare qualche passo mentre Matteo chiamava le forze dell’ordine o un’ambulanza. «Stavo per svenire ma sono arrivati alcuni ragazzi che avevano sentito quello che era successo. Mi hanno aiutato a rimanere sveglio e mi hanno dato dell’acqua», racconta.

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Le chiamate al 112 si sono rivelate inutili, Sthepano e Matteo sono dovuti andare da soli al pronto soccorso, ultima violenza di una serata in cui Roma ha mostrato la sua parte peggiore. Sthepano ha 26 anni, è arrivato nella capitale tre anni fa dopo essere andato via dal Perù per fuggire da altri abusi. Ha ottenuto la protezione internazionale e lavora come badante, da un anno e mezzo è fidanzato con Matteo e da tre mesi sono andati a convivere. «Gli insulti sono un’abitudine quotidiana. È la prima volta che la violenza verbale diventa anche fisica. Abbiamo denunciato e vogliamo che tutto questo finisca, tenersi per mano o scambiarsi uno sguardo romantico deve essere un gesto normale per tutti», spiega. Ad aiutarli l’associazione Gaynet.it. «Quello che è successo è il risultato di tutte quelle leggi di uguaglianza che ancora non ci sono», commenta il presidente Rosario Coco. Per Marilena Grassadonia, coordinatrice dell'Ufficio Diritti Lgbt+ di Roma Capitale «essere aggrediti perché si cammina mano nella mano con la persona che si ama è un atto violento e intollerante che non può trovare posto nella nostra città».

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