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«Espropriare, cioè rubare!», fu la frase con cui nel 2012 María Corina Machado divenne «la donna che ha fatto stare zitto Chávez». Scomoda per i vari presidenti che si sono succeduti a Caracas, ma scomoda anche per l’opposizione, di cui è spesso stata critica. Anche di Juan Guaidó, rimproverandolo di non avere costituito un vero e proprio governo alternativo in grado di invocare un intervento internazionale.
Da questa intransigenza deriva anche alla Machado una immagine da “Giovanna d’Arco dell’antichavismo” che è usata sia in senso positivo che negativo. Dal punto di vista del regime, la si bolla come una figlia della “oligarchia”. Figlia di un re dell’acciaio espropriato da Hugo Chávez, è però anche discendente di alcuni eroi nazionali, ed entrambi i suoi genitori erano anche attivi nel sociale.
Dopo una laurea in ingegneria industriale e un master in finanza a sua volta nel 1992 creò una fondazione per assistere i bambini di strada, cui seguono altre ong. Súmate viene nel 2001: l’anno in cui ha termine il suo matrimonio con l’imprenditore Ricardo Sosa Branger, sposato nel 1990, e da cui ha avuto Ana, Henrique e Ricardo. Ma è anche il momento in cui dopo l’arrivo al potere di Chávez i partiti tradizionali stanno in gravissima crisi. «Qualcosa è scattato. Avevo questa sensazione inquietante che non potevo restare a casa e guardare il Paese polarizzarsi e collassare», spiegò in seguito.
In prima linea sia nelle grandi mobilitazioni del 2002-03 che nel referendum revocatorio del 2004, ne ricavò da George W. Bush un invito alla Casa Bianca, il 31 maggio del 2005; e dal regime di Chávez un processo che le tolse il diritto di uscire dal Paese per tre anni (...)