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Cosa accadrebbe alla finanza italiana se l'offerta di Mps su Mediobanca andasse in porto

6 ore fa 1
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Un'operazione su Mediobanca potrebbe rivoluzionare gli assetti finanziari dell'Italia, spostando gli equilibri del controllo delle Generali proprio mentre il Leone è impegnato dell'integrazione con Natixis - avversata da Delfin e Caltagirone ma oggetto di attenzione anche da parte della politica - e alla vigilia dell'assemblea che in primavera dovrà rinnovare il consiglio di amministrazione della compagnia triestina, in quella che si prospetta come una riedizione dello scontro tra Mediobanca e i due suoi principali azionisti.

I principali azionisti di Siena, che capitalizza 8,8 miliardi di euro, sono il Tesoro (11,7%), Delfin (9,9%) e Caltagirone (5%). Prendere il controllo di Mediobanca, che a Piazza Affari vale 12,7 miliardi, porterebbe a una integrazione tra una banca commerciale tradizionale e una banca d'investimento con attività nell'asset management e nel credito al consumo ma soprattutto avrebbe inevitabili ricadute sul controllo delle Generali. Mediobanca, infatti, è il principale azionista del Leone di Trieste, con il 13% del capitale, di cui sono soci - da alcuni anni su posizioni opposte a Piazzetta Cuccia - anche Delfin (9,9%) e Caltagirone (6,9%). La holding della famiglia Del Vecchio e il gruppo dell'imprenditore romano sono anche i due principali azionisti di Mediobanca, di cui detengono, rispettivamente, il 19,8% e il 7,8% del capitale. E appare improbabile che possano non sostenere l'operazione del Monte, nel cui consiglio di amministrazione hanno fatto recentemente ingresso con propri rappresentanti.

L'offerta di Mps su Mediobanca porterebbe a un addio di Piazzetta Cuccia a Piazza Affari.

Dall'integrazione tra Mps e Mediobanca "sono previsti benefici significativi per gli azionisti di entrambe le banche" attraverso la distribuzione di un dividendo per azione "sostenibile e in crescita". In particolare, si legge nella nota di Mps sull'offerta, è atteso "un incremento a doppia cifra" degli utili per azione 'adjusted' e una "generazione organica di capitale superiore all'utile netto che permette un crescente" dividendo per azione "con un pay-out ratio", cioè la percentuale di utile distribuito sotto forma di dividendo, "fino al 100% dell'utile netto, preservando al contempo una forte solidità patrimoniale". Per quanto riguarda i costi di integrazione sono "pari a circa 600 milioni di euro al lordo delle imposte, da sostenere nel primo anno di attività".

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