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Da fotografo nella Milano da bere a falegname tra i monti della Valle d’Aosta: “Non ne potevo più di quel mondo patinato e artificiale”

7 mesi fa 9
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«La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata una riunione organizzata dallo studio per cui lavoravo per una campagna stampa di Ikea. In gergo li chiamano PPM, ovvero Pre Production Meeting: in pratica dei pallosissimi incontri col cliente per definire gli ultimi dettagli prima dello shooting fotografico. Dopo ore di discussioni su dettagli inutili, ho mandato tutti al diavolo e me ne sono andato via».

Luca Lauretti è il tipico caso di milanese doc che a un certo punto molla tutto – lavoro, casa, carriera – per trasferirsi nella solitudine della natura: prima in Toscana, poi sui monti della Valle d’Aosta, dove andava in vacanza fin da bambino. Era nato e cresciuto in città, a due passi da piazzale Loreto. Voglia di studiare: poca. Così dopo la terza media (Giudizio in pagella: «Si consiglia di darsi al mondo del lavoro») ha iniziato a fare i primi lavoretti: assistente macellaio, carpentiere, tornitore, falegname come il suo papà. Pure qualche esperienza nelle cucine dei ristoranti, che ancora oggi, a 54 anni, lo incuriosiscono.

Le fotografie per la Milano bene
«Verso i primi anni Novanta mi si è accesa la scintilla per la fotografia – ci racconta al bar Chalet di Runaz, piccolo borgo sulla statale che attraversa l’alta Valle d’Aosta –. Inizio facendo il ragazzo di bottega in un laboratorio di sviluppo e stampa: tutto il giorno in camera oscura a maneggiare lastre e negativi. Un lavoro che mi affascinava. Pian piano conosco molti fotografi e il mondo che gli gira intorno».

La svolta arriva quando, trentenne, trova lavoro per studio Pesce Giallo di Claudio Gaiaschi e Luisa Valieri. «Seguivo le campagne pubblicitarie di clienti top e frequentavo il mondo patinato della Milano da bere. In quegli anni ho imparato moltissimo, e ho anche iniziato a fare io stesso le foto, specie a tema architettura».

Grazie all’esperienza e alle conoscenze che si era fatto («da Fabrizio Bergamo a Santi Caleca a Ettore Sottsass»), Lauretti decide così di mettersi in proprio: apre non uno ma due studi fotografici a Milano, uno a Lambrate e l’altro in zona viale Certosa. Arrivano le commissioni delle prime campagne stampa, per cui allestisce in proprio anche il set fotografico: «Avevo già una grande manualità, che mi sarà poi tornata utile in seguito, una volta abbandonato il mondo della fotografia». Tra i lavori più importanti, quello per Omnitel a scattare foto in giro per il mondo con Magan Gale, allora testimonial dell’azienda telefonica, oggi Vodafone: «Una persona a modo e simpaticissima, diversamente dall’allora suo fidanzato», ride oggi Luca Lauretti.

Il richiamo della natura
Le cose inizialmente gli girano benissimo. Alle foto di architettura unisce anche qualche reportage sociale in giro per il pianeta che poi rivende ai giornali: «Un viaggio in Africa però mi ha aperto gli occhi: lucrare sulla povera gente mi faceva stare male, così ho smesso». Il mondo patinato e artificiale della Milano da bere inizia a stargli stretto. Anche il progetto di co-housing in una cascina ad Arluno che inizialmente aveva sposato con Claudio Gaiaschi per evadere dalla città, alla fine gli va di traverso: «L’idea era nata proprio per staccarsi dal lavoro e ritrovare, almeno nel tempo libero, un po’ di semplicità e autenticità. Invece alla fine ci siamo ritrovati a dover condividere la cascina con gli stessi pubblicitari e architetti famosi. Così mi sono tolto».

La seconda vita di Luca («o la terza, o la quarta: ho perso il conto, tante sono le cose che ho fatto») inizia quando Gaiaschi – sempre lui – apre un’azienda agrituristica biodinamica a Pomarance, nell’entroterra toscano vicino a Volterra. «Vado a dargli una mano per l’avviamento, alla fine ci sono rimastoquattro anni».

La strada è tracciata, e va in direzione della campagna. Vista la sua abilità nei lavori manuali – con il legno e non solo – degli amici gli chiedono se vuole ristrutturare la loro casa all’Elba. Luca non ci pensa due volte: chiude anche l’ultimo studio fotografico che gli era rimasto a Milano, fa le valigie e s’imbarca a Piombino. Ci rimarrà un anno, senza mai tornare sul continente.

Il cerchio che si chiude
L’ultimo capitolo della vita di Luca Lauretti è un cerchio che si chiude. Nel 2013 un suo amico di Derby, il paese valdostano dove andava in vacanza da bambino, gli chiede se vuole aiutarlo a fare i lavori di falegnameria per la sua casa. È quello che aspettava: era il lavoro del suo papà, e quello che sotto sotto gli è sempre riuscito meglio. Chiude casa, prende i ferri del mestiere e si trasferisce sui monti, che tra l’altro sono sempre stati la sua passione. Inizialmente alloggia in un b&b («Per fortuna mi ero fidanzato con la proprietaria, così mi faceva lo sconto»), poi trova casa a La Salle, il paese della campionessa di sci Federica Brignone.

Oggi fa l’artigiano a tempo pieno, nel tempo libero cammina in montagna e costruisce casa con le sue mani a Villair. Per qualche anno aveva pure aperto una falegnameria tutta sua a Morgex, ma ora ha venduto tutto: capannone e apparecchiature. «Non riuscivo più a sopportare le pretese dei clienti, specie quelli di alcuni milanesi ricchi di Courmayeur. E sì che io sono milanese! – ride –. Ci sono anche dei signori, è vero, ma alcuni sono di un’arroganza fuori misura. Del tipo: pago quindi pretendo. Insopportabili. Il colmo è stata una sciura a cui eravamo riusciti miracolosamente a consegnare la casa pronta prima di Natale, lavorando giorno e notte. Ci chiama il giorno della Vigilia: “Io sono su, vedo però che non ci sono i battiscopa… adesso che vacanze faccio?!”».

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