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È morto Joe Barone, il tycoon italo-siciliano direttore generale della Fiorentina

10 mesi fa 49
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Siciliano di nascita, americano di formazione e ormai fiorentino d’adozione. La parabola di Joe «Giuseppe » parte da Pozzallo, culla nativa anche di Giorgio La Pira, il sindaco di Firenze più amato in riva all’Arno, e svolta con l’incontro con Rocco Commisso.

Un giorno il tycoon italo-calabrese entrò nella sede del Monte dei Paschi di New York, conobbe il direttore dell'area trading e uscì portandoselo dietro alla Mediacom, la società di telecomunicazioni di proprietà della famiglia Commisso con oltre 4500 dipendenti. Quel direttore era proprio Joe Barone.

Da quel giorno, quando il futuro direttore generale della Fiorentina made in Usa mollò la finanza per tornare al vecchio amore del pallone, il binomio tra il proprietario italo-calabrese e il fiduciario italo-siciliano non si è mai incrinato: la vicepresidenza dei leggendari New York Cosmos, il ruolo da chairman della National Premier League Soccer, la trattativa con la famiglia Della Valle per l’acquisizione della Fiorentina, lo sbarco e la permanenza in pianta stabile a Firenze.

Per Commisso, spesso e volentieri impegnato negli Usa, la presenza di Joe Barone è stata fondamentale: le decisioni strategiche, le scelte degli uomini e politiche della Fiorentina made in Usa sono state state tutta farina del suo sacco. L’uomo di fiducia, neanche tanto dietro le quinte, che tra la sua bella casa sul Lungarno e l’ufficio nel nuovo Viola Park mandava avanti l’impresa calcistica tutti i giorni.

Malore Joe Barone, i giocatori della Fiorentina all'ospedale San Raffaele

Dalla Sicilia alla Grande Mela, Giuseppe era diventato Joe a otto anni. E Barone, proprio dividendo la sua vita tra gli studi in economia e da provetto calciatore giocando da mediano, diventa un perfetto esemplare self made man. Rocco Commisso lo capisce subito e lo elegge come il suo più stretto collaboratore. A Firenze, come prima mossa, sceglie Daniele Pradé come direttore sportivo e di fatto svolge il ruolo di luogotenente della proprietà. Gli tocca sovrintendere al mercato, prendere la decisione impopolare di non tenere in società la bandiera Antognoni, si prende le critiche ma anche i meriti di una squadra che, dopo anni cupi, ritorna in Europa e solo dodici mesi fa affronta due finali.

Politicamente, nei palazzi del calcio e non solo, Joe Barone non passa inosservato: battaglia in Lega e anche con il Sindaco Nardella per lo stadio. Poi all’inaugurazione del mastodontico Viola Park, mentre i tifosi fischiano il primo cittadino, l’atto di pace: «Non si fischia nessuno, questa è una festa». Una festa che nel quinto anno della gestione Commisso poteva ancora comprendere un’altra qualificazione europea e due trofei, con la Fiorentina in lizza ancora per la Conference League e la Coppa Italia. Fino al malore accusato in albergo a Bergamo e il trasferimento d’urgenza al San Raffaele di Milano. Casualità nefaste che hanno riportato indietro le menti viola di sei anni, alla scomparsa del capitano Davide Astori in un hotel di Udine.

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