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Fabio Rubini 02 aprile 2024
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Lo sbarramento di fuoco contro Salvini e Valditara sul tema della scuola prosegue spedito. Del resto quello dell’immigrazione è, insieme alla lotta al “fascismo”, il nervo scoperto della sinistra. Quando affrontano questa tematica sono come i cavalli col paraocchi, guardano solo avanti e si perdono l’insieme di quel che succede loro intorno. Parlano di principi e si allontanano anni luce dalla realtà. Anche ieri, dopo l’intervista del ministro Valditara a Libero, la propaganda di sinistra si è scatenata, con lezioni di politica che cozzano clamorosamente con i numeri reali del fenomeno.
Vediamole queste lezioncine di morale e di vita (immaginaria). Per la deputata del Pd Ouidad Bakkali «Valditara ancora una volta ci da prova che non conosce le scuole italiane. Ministro, ha letto due numeri? Cosa intende per studenti stranieri? Ha analizzato la situazione dentro le scuole? Compiuto un ragionamento complesso e articolato?».
L’altro professore di vita e di morale è Gabriele Toccafondi, di Italia Viva, ex sottosegretario proprio al Miur: «Prima di parlare di scuola - alza il ditino il renziano - in una classe bisognerebbe almeno entrarci». E ancora, rivolgendosi a Salvini: «Pensare che la cittadinanza non italiana e un cognome straniero siano sinonimo di non conoscenza della lingua italiana è segno di non conoscenza della situazione reale».
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COL PARAOCCHI - Insomma per la sinistra Salvini e Valditara sarebbero ignoranti, nel senso che ignorano, o fingono di farlo, i numeri e la realtà. Peccato che a smentire queste elucubrazioni ci siano proprio i dati numerici di almeno due enti “terzi” come la Uil Scuola e il Rapporto annuale stilato sulla base dei test Invalsi, che scandagliano l’andamento della scuola sotto ogni suo aspetto. Anche nel rapporto tra alunni italiani e stranieri. E allora vediamoli i numeri veri che la sinistra ignora.
Partiamo dal totale di studenti stranieri in Italia, indicando con questa definizione quelli che non hanno la cittadinanza italiana: per l’Anagrafe studenti nel 2022 in totale erano 967.394, cifra che corrisponde all’11,3% del totale degli studenti iscritti alle scuole italiane (circa 8,5 milioni). Un numero in aumento rispetto all’anno precedente (nel 2021 erano stati censiti in 865.388). Il grosso di essi, il 32,7%, è iscritto alle scuole primarie (6-11 anni), che sono anche quelle più esposte al rischio di classi ghetto. Detto così non dovrebbero esserci particolari problemi a restare nel tetto del 30% stabilito dall’ormai famosa circolare del 2010. A ingarbugliare le carte arrivano però altri numeri, questa volta relativi alla distribuzione geografica degli studenti non italiani: il 62% di essi è iscritto nelle scuole del Nord (la sola Lombardia ne ha 238.254 sui 602.387 totali), contro il 22,1% del Centro (nel Lazio ce ne sono 86.639, praticamente un terzo rispetto ai dati lombardi) e il 15,6% del Sud e Isole (la Sicilia, prima in classifica, ne ha 37.448). Se trasliamo questi numeri proprio sulle scuole primarie, il concetto è ancora più chiaro. Il 66% degli studenti che non hanno cittadinanza italiana frequenta le scuole statali nelle regione del Nord (Piemonte, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Lombardia e Liguria); il 21,02% sono iscritti al Centro e appena il 12,59% al Sud. Una ripartizione che non cambia per gli altri cicli di istruzione.
L’altro grande tema- negato dai radical chic - è quello degli studenti stranieri che sono meno performanti rispetto a quelli italiani. Anche qui, spiace dover smentire la superiorità morale della sinistra, ma a dipingere questa realtà non è la Lega di Salvini, ma sempre l’Invalsi.
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SCOLARIZZAZIONE - Il cui rapporto annuale cita testualmente: «In generale, gli studenti stranieri ottengono risultati più bassi dei loro compagni italiani. Su di essi influiscono le difficoltà linguistiche e culturali legate alla loro origine, ma anche le condizioni economiche meno buone, in media, delle famiglie di provenienza». Il Rapporto calcola anche questo divario: in seconda elementare il deficit è del 22% per gli stranieri di prima generazione e del 16,3% per quelli di seconda generazione. La buona notizia è che esso diminuisce mano a mano che si sale di grado: in quinta elementare il gap si riduce al 17,2% per gli studenti di prima generazione e al 9,2% per quelli di seconda generazione, segno che, si legge sempre nel rapporto: «La scuola sia abbastanza efficace nel promuovere lo sviluppo linguistico di alunni non italofoni».
Il deficit maggiore si riscontra soprattutto in due materie: italiano e matematica. Se nella prima il divario è piuttosto netto, nella seconda è più contenuto proprio perché la conoscenza della lingua è meno impattante. Al contrario se si prendono in considerazione i risultati sulle lingue straniere, l’inglese in particolare, il gap si ribalta. Nelle prove di ascolto gli studenti stranieri superano di 5 o 6 punti percentuali gli italiani. Ed è soprattutto quest’ultimo dato che dovrebbe far capire alla sinistra che una migliore organizzazione della scuola- ad esempio con le classi di potenziamento - non solo non penalizzerebbe gli studenti stranieri, ma al contrario ne aiuterebbe la scolarizzazione e con essa l’integrazione culturale. Lasciando invece le cose invariate, e con i problemi di inverno demografico che ci sono nel Paese, si rischia che alla fine gli studenti penalizzati siano quelli italiani. Ma forse alla sinistra italiana va bene così...