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I venti di guerra fanno volare i titoli del settore nelle piazze finanziarie di tutto il continente. Una corsa al riarmo confermata dal vertice sulla difesa di domenica a Lancaster House, a Londra. «Dobbiamo riarmare l’Europa con urgenza», la frase della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che segue l’annuncio del premier britannico, Keir Starmer, sul 2.5 per cento del Prodotto interno lordo come nuova asticella da toccare negli investimenti del Regno Unito per contrastare lo sforzo industriale di una Russia putiniana sempre più aggressiva. Per il comandante in capo delle forze Usa in Europa, il generale Cristopher Cavoli, non soltanto la produzione dei principali sistemi d’arma da parte russa supera le perdite materiali via via subite nel conflitto con l’Ucraina, ma sopravanza di molto la capacità di produzione combinata dell’intero l’Occidente.
I CARRI ARMATI
Mosca è in grado di sfornare tra 1000 e 1500 carri armati l’anno. E proprio sul fronte dei mezzi terrestri ieri si è registrato un importante potenziamento della collaborazione italo-tedesca. Nei giorni scorsi, ha infatti visto formalmente la luce la joint venture tra due colossi europei, Leonardo e Rheinmetall, confluiti per formare la Leonardo Rheinmetall Military Vehicles, sede a Roma, posseduta al 50 e 50 per cento dai due gruppi, con le autorizzazioni di Golden Power e Antitrust necessarie già ottenute, e guidata da un Cda presieduto da David Hoeder, vicepresidente Rheinmetall, e dall’omologo senior vice president-Unmanned systems di Leonardo, Laurent Sissmann, indicato come Amministratore delegato. Nel Cda, per la parte italiana, pure Marco De Fazio e Davide Fazio della Divisione elettronica di Leonardo, e Alessandro Ercolani, Ad di Rheinmetall Italia. Si avvicina così il primo ordine della maxi-commessa da 23 miliardi di euro che nell’arco di 10-15 anni irrobustirà l’esercito italiano con circa 280 carri armati e 1000 pezzi di fanteria leggera. Eloquente, ieri, il segnale delle borse europee trainate dal comparto difesa. Sfondato l’aumento del 16 per cento di Leonardo, già sui massimi storici prima del rally di ieri. Ma bene pure le altre compagnie europee di primo piano: Thales e Dassault in Francia a +16 e 15 per cento, un incremento del 16 per cento degli acquisti anche per Kongsberg a Oslo, e quasi il 15 per cento di rialzo per la britannica Bae Systems, mentre +14 è sfiorato proprio da Rheinmetall a Francoforte. «Si percepisce un ampio consenso – riferiscono gli analisti di JP Morgan – sul fatto che l’Europa prenda il suo futuro nelle proprie mani e che la spesa militare aumenterà». Per i colleghi di Alphavalute, «non è un rally, ma l’alba di una nuova fase di crescita per il settore».
UNA VERA STRATEGIA
Le prime proposte della Von der Leyen sono attese già per il 6 marzo al Consiglio Europeo. Tempi stretti per prendere decisioni. Accanto al rialzo finanziario, al dinamismo delle joint venture in vista di importanti commesse, e all’improvviso colpo di reni di una Ue mai così in sintonia col Regno Unito, c’è però il tentativo di definire una vera strategia. «Gli extra-gettiti di risorse devono essere diretti verso sistemi di cui c’è realmente bisogno», dice il presidente di Icsa ed ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, generale Leonardo Tricarico. «Bisogna al più presto individuare una dottrina di utilizzo dello strumento militare». Le tecnologie ci sono, occorrono più fondi e una strategia ben definita. Nella Ue, due sono i programmi sperimentati negli ultimi anni, Edf e Edip. Ma ancora nell’ottobre 2023, erano almeno 14 le diverse piattaforme per carri armati in Europa, e nell’aprile 2022, trenta i modelli di elicottero prodotti dalla sola Airbus. La inter-operabilità lascia molto a desiderare, mentre una anomalia da correggere è che i Paesi europei spesso vanno a comprare in Usa, Corea del Sud e Giappone, invece di acquistare dalle proprie aziende, che vendono per lo più fuori dai confini Ue. Leonardo, Bae e Rheinmetall hanno fatto registrare tassi di crescita di quasi il 10 per cento dal 2017 in poi. Adesso, è l’Europa a aver bisogno della propria industria della difesa, per proteggersi da una Russia avvantaggiata dal possibile disimpegno Usa con l’avvento di Trump. Ma ben 33 sono le compagnie del comparto difesa europee che compaiono nella lista delle prime 100 al mondo per fatturato.