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«La soluzione migliore per noi, la più eccellente, sarebbe arrivare al 3 e mezzo per cento, neanche al 4. Perché così faremmo paura a tutti, nessuno ci considererebbe troppo pericolosi e potremmo continuare a lavorare per arrivare dove vogliamo arrivare». Stefano Bandecchi scende negli spogliatoi della sua squadra, lontano da telecamere e giornalisti, in una riunione che dovrebbe restare privata. Uomo di sport, per sei anni proprietario della Ternana calcio, ha un messaggio chiaro per i suoi: restare al di sotto della soglia di sbarramento per le europee, fuori dal Parlamento Ue.
«Perdere, e perderemo», ordinava il commendator Borlotti, il vulcanico presidente della Longobarda che a Oronzo Canà chiedeva di retrocedere, non di salvarsi. Bandecchi imita. la versione capovolta di Al Pacino in “Ogni maledetta domenica”, quando caricava i suoi giocatori a dare il sangue per la vittoria: «Possiamo restare all'inferno o aprirci la strada verso la luce». Il sindaco di Terni e segretario di Alternativa popolare ha un'altra strategia: «Noi dobbiamo arrivare al 4% e non di più. Se noi arrivassimo al 7 sarebbe un problema, perché non potremmo reggere l'impatto: saremmo un partito di riferimento importante, senza nessuno seduto qua dentro- dice indicando Montecitorio, a due passi dalla sala Capranichetta dove incontra i suoi- e avremmo dei problemi allucinanti, non sapremmo proprio come reagire». Meglio restare fuori da Strasburgo, col 3,5%: «Il 4 è un risultato bello perché lo vogliamo ottenere, ma è già pericoloso. Superare il 4 è drammatico, quindi ricordiamocelo per cosa stiamo lavorando".
Eccolo l'uomo "alternativo e popolare", come lo presenta Paolo Alli, presidente di Ap, durante la conferenza stampa di lancio delle liste. Accanto a Bandecchi siede Luca Palamara, il magistrato che sarà capolista nella circoscrizione centro. «Mi ha incuriosito il personaggio Bandecchi- racconta l'ex presidente dell'Anm- il suo rapporto diretto con i cittadini, di chi non si accontenta del pensiero unico. Io sono qui per rompere lo schema del perbenismo e dell'ipocrisia e cogliere le vere istanze dei cittadini. È un progetto nuovo, ambizioso, provocatorio».
Bandecchi sorride, molleggia sulla sedia. Si carica. Prende la rincorsa: «Noi siamo qui oggi per cominciare a scrivere l'alternativa a una cattiva politica europea». Terni e l'Italia gli stanno strette: «Bandecchi camminando tra i nani aveva qualche problema: spieghi 50 volte una cosa a una persona e non capisce, non è in grado di fare quella cosa. È successo con tutti». Parla di sé in terza persona: «Bandecchi è uomo di politica e uomo d'azienda. Bandecchi non sa tutto ma si documenta». E lo studio gli suggerisce che «i nostri 76 eurodeputati oggi lavorano per la Cina, gli Stati Uniti, la Germania, la Francia, la Spagna. Io conto di mandarne almeno cinque in Europa, a fare squadra per l'Italia con gli altri di destra e sinistra. Noi saremmo il catalizzatore di coloro che metteranno insieme tutti gli onorevoli a parlare dell'Italia».
Cita Olivetti, si sente il suo erede imprenditoriale. Ma anche Craxi, parente per visione politica. «Per fare impresa non servono i soldi, ma fantasia, coraggio e resilienza. Non sarai amato da tutti ma farai del bene a tutti, produrrai ricchezza». Ma il popolo è ingrato: «Noi italiani rappresentiamo il massimo dello schifo verso i ricchi. Se ammazzi e mangi i genitori va bene, ma se fai i soldi ti odiamo». Una visione da ribaltare: «Questo cambiamento viene garantito da Stefano Bandecchi che di mentalità ne ha tanta e di coraggio ancora di più. Bandecchi fa un po' di paura al sistema. Non è invitato in tv, va bene solo quando fa la scimmietta. Bandecchi ha creato un impero e anche un altro impero da un'altra parte: lo tiro fuori tra un paio di mesi e vedrete che sono seduto sopra un'altra miliardata».
Né a destra né a sinistra, «noi siamo normali - assicura- siamo capitani coraggiosi». In sala un centinaio di persone. Le donne meno di una decina. Come mai? «Noi prediligiamo gli intelligenti. Chiedo scusa alle donne, io posso candidare anche un cammello se è intelligente». Non ci sono nemmeno quelli, però. «Non credo nelle quote rosea. Mia mamma e mia sorella sono intelligenti, credo che le donne siano intelligenti». Oggi è fuori dal palazzo, sebbene a due passi. Ma il futuro è lì dentro: «In tre anni e mezzo prenderemo oltre il 40% e faremo noi il governo».
La conferenza è finita. Saluti, strette di mano, selfie. Si concede alle telecamere, risponde a qualsiasi domanda: a volte è serio, altre scherza. La difficoltà è capire quando. «Vedo che hanno paura», confida ai suoi nella riunione a porte chiuse che viene dopo l'incontro con la stampa. «Craxi ci ha visto lungo quando gli altri erano ciechi», dice. E lo cita: «Parlai e c'era il grande silenzio di chi diceva “hai ragione”». Infallibili, entrambi.
I militanti gli stanno organizzando i tour elettorali. Presto sarà ad Avezzano, pare. "Io entro nelle case, prendo il caffè con gli anziani. Dobbiamo camminare per strada, con piccoli gruppi di persone. Siamo gente semplice". Lo ascoltano con attenzione, come una squadra prima di scendere in campo. Lui presenta a tutti una giovane candidata: «E' una psicologa». «Nutrizionista», lo corregge lei. «Si candida al centro Italia o al nord", prosegue lui. "Al sud", precisa ancora lei. "Non c'ho capito una mazza...», ammette per una volta Bandecchi tra le risate. E dà appuntamento a tutti nel suo albergo a Vallombrosa, di fronte all'abbazia: vuole la rosa in ritiro. Per motivarli tutti: «La partita è difficile. Siamo pochi ma dobbiamo giocare bene. La miglior difesa è l'attacco e il migliore attacco è la difesa».
Infine arrivano i numeri. «Abbiamo il 9% di italiani che potrebbero votare per noi. Il 9 sul 36% di quelli che ci conoscono. Dicono “perché no? Ci posso riflettere”. Più per Bandecchi che per Alternativa popolare a dire il vero, ma vabbè. Il 9% del 36 vuol dire un potenziale 33%». Alli aggrotta il sopracciglio: «Veramente è il 25%». Bandecchi esita. «Il 33, il 25... chi se ne frega. Quando parlo io, silenzio». Giù risate. «Dobbiamo spiegare che il voto per noi non è inutile, siamo i catalizzatori. Questa del catalizzatore è importante, mi raccomando».
Saluta tutti, lascia la sala e sale nel camper col suo ritratto che lo attende in piazza. Mette in moto e inizia la manovra per lasciare piazza Montecitorio. Prima, però, si affaccia dal finestrino. Non è il balcone, ma fa lo stesso. «Voglio dire una frase che non ha mai detto nessuno...vincere e vinceremo!». Basta non prendere il 4%.