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Ex Ilva, chiuse le offerte. In corsa colossi stranieri: gruppi indiani, azeri e Usa

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Tempo scaduto. Chiusa la deadline di mezzanotte di venerdì 10 gennaio per le buste sull’ex Ilva. Sui tavoli dei commissari straordinari di Acciaierie d’Italia e del ministero delle Imprese e del Made in Italy ci sono tre offerte vincolanti e sette per singoli asset.

Poco o niente filtra dagli ambienti interessati al dossier, se non l’attesa corsa di colossi stranieri per il rilancio degli impianti che producono acciaio di Taranto, Novi Ligure e Cornigliano, nonché per i servizi di logistica e commercio, nella loro interezza.

In testa gli azeri di Baku Steel, incentivati anche da un potenziale uso di gas proveniente dal paese d’origine attraverso il gasodotto Tap per garantirsi energia a basso costo, e gli Jindal Steel International.

Rilancio al fotofinish del fondo statunitense Bedrock Industries che a luglio ha venduto l’azienda siderurgica canadese Stelco alla società americana Cleveland-Cliffs per 3,4 miliardi di dollari.

Nulla da fare per gli ucraini di Metinvest, che si sono chiamati fuori ribadendo che «la nostra priorità in Italia è Piombino». Fuori dai radar anche i giapponesi Nippon Steel, attualmente in pieno scontro con l’amministrazione Biden per il no all’acquisto di Us Steel.

Tra le sette manifestazioni d’interesse per i singoli asset c’è Marcegaglia, la quale punta ad almeno due tubifici. Da capire ancora come si sono mossi gli altri player italiani come Amenduni Steel e Sideralba.

Il termine di questa notte, comunque, non è perentorio. I commissari straordinari di Acciaierie d’Italia – Giovanni Fiori, Giancarlo Quaranta e Davide Tabarelli – potrebbero non dar subito il via alla vendita e avviare trattative dirette con uno o più soggetti. E c’è la possibilità per la nascita di cordate.

Secondo Ansa, il prezzo minimo di offerta è di 1,8 miliardi di euro. Da questo momento, comunque, partono tutte le valutazioni del caso. Nella scelta dei commissari pesano una serie di requisiti precisi come il peso del prezzo, la tutela dell’occupazione, la continuità aziendale, lo sviluppo produttivo – il 2024 si è chiuso con poco più di 2 milioni di tonnellate di acciaio prodotto a Taranto e 330 mila tonnellate a Cornigliano, record storico –, il programma di realizzazione in linea con la decarbonizzazione, il sostegno alle comunità locali (anche con la previsione di compensazioni).

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