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Falsa le liste dei vaccini per paura che il marito muoia, assolta a Perugia

2 settimane fa 6
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Ha temuto per la salute del marito, in un momento in cui tutto il mondo aveva paura. E ha compiuto una leggerezza, una forzatura al sistema per inserire il suo nome tra chi doveva essere vaccinato contro il Covid. Ma non ne aveva (ancora) diritto lui e non ne aveva diritto lei, tanto da essere condannata in primo grado per falso ideologico in atto pubblico. Ma la Corte d'appello l'ha assolta, chiudendo così un storia giudiziaria lunga oltre tre anni, che ha gettato ombre su una professionista che mai aveva avuto problemi sul lavoro e con la giustizia.

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Una storia iniziata nel 2021 e spiegata dal Notiziario penale di Corte d'appello e procura generale, commentando la sentenza 869 del 2024 con cui la donna, dipendente dell'Università degli studi di Perugia, è stata recentemente assolta per «la particolare tenuità del fatto». All'imputata, già condannata dal tribunale, era stato contestato il falso perché, incaricata di redigere e trasmettere la lista di soggetti da inserire nel piano vaccinale, aveva inserito nelle liste degli aventi diritto alla vaccinazione il marito «senza rispettare gli ordini di priorità prefissati sulla base della lesione minima arrecata al bene giuridico tutelato e alla occasionalità della condotta posta in essere dalla stessa». In altre parole, nel 2021, aveva inserito «nella lista da lei predisposta e dopo inviata dall’Ufficio tra i nominativi da inserire nel piano vaccinale anche il marito senza che quest’ultimo ne avesse diritto». Una condotta che anche per i giudici di secondo grado ha integrato i reati di falso e di errore determinato dall'altrui inganno, anche considerando che la stessa imputata (assistita dall'avvocato Massimo Rossini) avesse ammesso in aula la propria responsabilità. «Tuttavia sul piano della materialità della fattispecie – sottolinea il commento del Notiziario penale - il grado di lesione al bene giuridico protetto era minimo avendo ella agito al fine della protezione degli affetti in un periodo nel quale il pericolo per la diffusione del Covid-19 era percepito come fonte di conseguenze gravissime e considerato che la somministrazione del vaccino al marito fosse comunque imminente trattandosi di soggetto ultrassessantenne». «Inoltre – chiude l'analisi dei giudici d'appello -, la condotta dell’imputata era connotata da occasionalità trattandosi oltretutto di persona incensurata e immune da rilievi di sorta anche nella sua esperienza lavorativa». Abbastanza per ottenere l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.

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