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Non è un caso se da giorni Giorgia Meloni continua a predicare «calma e gesso» in una settimana che si annuncia calda, tra summit di Parigi sull’Ucraina e possibile voto si sfiducia contro la ministra del Turismo Daniela Santanchè (forse giovedì). Tenere i toni bassi sui nodi che agitano gli alleati, è il mantra che in queste ore sembra aver fatto suo la presidente del Consiglio . E lasciare che Forza Italia e Lega, almeno per il momento, se la sbroglino da sé. Almeno finché le bordate reciproche non raggiungeranno il livello di guardia. Dal fisco, con Matteo Salvini tornato alla carica sulla rottamazione delle cartelle, al fine vita, con le parole di Marina Berlusconi al Foglio che sembrano destinate a riaprire la discussione. Complice, da un lato, il giro di boa della legislatura che incombe. Dall’altro, il congresso del Carroccio alle porte. Che – è convinzione diffusa dentro Fratelli d’Italia – rischia di trasformare il ritrovato attivismo del leader leghista in un gioco al rialzo.
LA PACE FISCALE
Così almeno viene letta l’offensiva leghista sulla pace fiscale. Che ieri si è arricchita di un’altra puntata. Un botta e risposta al vetriolo con Forza Italia. Innescato da una nota di via Bellerio: «Il ceto medio – osserva la Lega – si aiuta con la rottamazione delle cartelle», che «libererebbe dall’angoscia dell’Agenzia delle Entrate oltre 23 milioni di italiani». Serve la rottamazione, dunque, e non «altre misure» come il taglio dell’Irpef che reclamano gli azzurri. E che «nel concreto garantirebbero una mancetta da poco più di 36 euro al mese per 1,7 milioni di cittadini». Pronta la replica di FI, affidata al capogruppo alla Camera Paolo Barelli: «Il taglio dell'Irpef per i redditi medi fino a 60mila euro dal 35 al 33% rimane un punto fermo», scandisce il forzista. La rottamazione? «Siamo d'accordo, se però si trovano le coperture». Una posizione non troppo diversa da quella di FdI. Dove a taccuini chiusi fanno notare che «la pace fiscale così come la propone Salvini costerebbe 5 miliardi». Troppo, per essere presa seriamente in considerazione.
I RAPPORTI CON LA RUSSIA
Non è l’unico fronte su cui si registrano frizioni, tra la Lega e via della Scrofa. Dove non è passato inosservato il silenzio del Capitano leghista rispetto agli attacchi lanciati da Mosca in direzione del Colle. Attacchi contro cui lo stato maggiore di FdI, a cominciare dalla premier Meloni, si è invece affrettato a ergere un muro. E per quanto meloniani come Tommaso Foti in pubblico abbiano ridimensionato il caso («Ha parlato Meloni, e lei rappresenta tutto il governo», la linea), la mancata condanna del Cremlino da parte di Salvini torna a preoccupare, nei giorni in cui si discute una possibile uscita dal conflitto tra Mosca e Kiev. Il timore, insomma, è che la linea atlantista sempre ribadita dal governo possa essere messa in dubbio da eventuali nuove uscite del vicepremier.
FINE VITA
Che invece appare più aperturista degli alleati per quanto riguarda il capitolo del fine vita. È stato l’unico tra i leader di maggioranza, Salvini, a proporre una consultazione interna al suo partito su un tema così delicato, dopo che la Toscana per prima ha approvato una legge (già messa in stand-by dai ricorsi del centrodestra locale) che regola tempi e modi per l’accesso al suicidio medicalmente assistito. Con la possibilità, a quanto trapela, di lasciare ai suoi libertà di voto, se la materia dovesse approdare in Aula. Del resto nel Carroccio il fronte degli amministratori spinge per una regolamentazione. Ieri Luca Zaia è tornato sull’argomento dicendo «no alle ipocrisie». E anche Marina Berlusconi, stando ai rumors che anticipavano la sua intervista sul Foglio di oggi, avrebbe aperto sul tema. Il dibattito è aperto, in Forza Italia. Divisa tra un’ala più liberale e pro diritti civili e una più vicina al mondo cattolico.
IUS SCHOLAE
Ciò su cui gli azzurri sono uniti, invece, è la proposta di rendere più facile la cittadinanza per i figli degli stranieri nati in Italia e che abbiano frequentato dieci anni di scuola nel nostro paese. Una battaglia, quella per lo Ius scholae, a cui Antonio Tajani non ha alcuna intenzione di rinunciare. Anzi: nei giorni scorsi è già tornato a rilanciarla, spiegando che d’ora in poi gli azzurri intendono «avviare un’azione di presenza politica molto più forte». Fumo negli occhi, per Salvini e la Lega, per cui la legge sulla cittadinanza rappresenta una sorta di linea rossa invalicabile.
IL FRONTE REGIONALI
Il vero nodo che terrà banco nelle prossime settimane, però, è tutto politico. E riguarda il capitolo delle Regionali. Dalla Campania al Veneto. Battaglia, quest’ultima, che Salvini non è intenzionato a mollare la battaglia: l’aspirante successore di Luca Zaia, è convinto, dovrà essere un leghista. E se finora FdI aveva fatto muro, da via della Scrofa si cominciano ad avvertire segnali di un possibile cedimento. Con la convinzione che «a Matteo qualcosa, alla fine, dovremo concedere». Esclusa la riforma dei medici di famiglia cara alla Lega (su cui la premier ha dei dubbi), esclusa per ora la pace fiscale, alla fine si potrebbe ripiegare proprio sul Leone di San Marco. Cosicché gli scricchiolii non diventino scossoni.
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