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Vasco, dotato di un dono della sintesi straordinario, sintetizzò tutto in 80 caratteri: «Voglio trovare un senso a questa vita / anche se questa vita un senso non ce l'ha». Francesco Gabbani sull'argomento ci ha scritto invece una canzone intera. L'argomento è il senso della vita.
Il 42enne cantautore toscano - è nato a Carrara - ha provato a capire qual è in Viva la vita, la canzone che dall'11 al 15 febbraio canterà in gara al Festival di Sanremo, dove torna dopo la vittoria tra i giovani nel 2016 con Amen, il trionfo tra i big nel 2017 con Occidentali's karma e il secondo posto del 2020 con Viceversa. Il 21 febbraio uscirà l'album Dalla tua parte e il 15 marzo partirà dal Mandela Forum di Firenze il nuovo tour nei palasport (passerà a Roma il 17 aprile al Palazzo dello Sport).
Insomma, l'ha capito o no qual è il senso della vita?
«No. Meglio così. Oggi c'è chi per cercarlo si attacca alla religione, chi alla scaramanzia, chi alla filosofia. Molti si attaccano al materialismo».
Lei a cosa si attacca?
«All'accettazione: mi va bene non sapere. Può sembrare banale, invece è un concetto semplice. Mi ha ispirato il viaggio interiore raccontato da Tiziano Terzani nel suo libro Un altro giro di giostra. Ne ho fatto uno anche io. Alla fine mi sono messo l'anima in pace. Nel brano canto: "Viva la vita così com'è / viva la vita, questa vita che / è solo un attimo / un lungo attimo"».
Per il titolo ha pensato per caso ai Coldplay e alla loro "Viva la vida"?
«Per niente. Anzi, a un certo punto ho anche pensato di cambiare il titolo per evitare l'accostamento. Poi mi sono detto: "Perché?"».
Un altro giro di giostra, per citare Terzani, sarà anche questa sua quarta partecipazione al Festival. Non l'annoia?
«No. Ogni volta provo un'emozione diversa. Quest'anno torno all'Ariston senza la tensione della competizione. La gara si è spostata più sul personaggio che sulla canzone».
Pensa a qualcuno in particolare?
«Non faccio nomi (ride)».
Lo scorso anno a "Domenica In" ha lanciato una frecciatina a chi usa l'autotune: "Quando non esisteva, c'era la voce". È giusto che quest'anno si preveda l'utilizzo del correttore dell'intonazione al Festival?
«A Sanremo quest'anno è consentito come sfumatura, come effetto vocale, non come correttore dell'intonazione. Ma come si fa a stabilire se è effetto vocale o correttore dell'intonazione? Si rischia confusione».
Quale rischio si corre?
«Paradossalmente quelli che non lo usano, come me e pochi altri, e che magari sono anche intonati, rischieranno di sembrare stonati se ci saranno delle piccole imperfezioni legate all'esibizione».
Andrebbe tolto?
«Sì. Il fatto è che poi molti non potrebbero cantare dal vivo (ride)».
Nel 2020 difese Junior Cally dalle accuse di sessismo e misoginia: "L'espressione artistica deve essere libera". Su Tony Effe come la pensa?
«Non è l'artista che va censurato: parla il linguaggio del suo tempo. Il problema è che le nuove generazioni hanno questi valori».
Dopo "La donna per me" di Marco Martani, che tre anni fa ha segnato suo suo debutto come attore, bolle qualcos'altro in pentola per quanto riguarda il cinema?
«No. Ma da tempo ho affiancato alla musica un'altra passione: la pittura. Disegno forme astratte, stratificazioni di colori. È terapeutico».
Esporrà le sue tele?
«Per ora no. Voglio vivere questa passione liberamente, senza ansie da prestazione, critiche e giudizi».