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Svolta nelle indagini sull’omicidio di Francesco Marando, il 54enne di San Luca ucciso a colpi di pistola a Bovalino, in provincia di Reggio Calabria, l’11 gennaio scorso. Due figli della vittima, di cui uno minorenne, sono stati fermati dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Locri, con il supporto del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia locale e della Stazione di Bovalino, in quanto ritenuti responsabili di aver ucciso il padre, oltre che dei reati di occultamento di cadavere e porto abusivo di arma comune da sparo.
Francesco Marando ucciso, la svolta
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Locri, diretta da Giuseppe Casciaro e dalla Procura della Repubblica per i Minorenni di Reggio Calabria, guidata da Roberto Placido Di Palma, hanno consentito di far luce sui fatti: secondo quanto ricostruito, l’omicidio sarebbe scaturito da una lite accesa tra i tre, dovuta a dissidi familiari di lunga data, al culmine della quale il maggiore dei fratelli avrebbe esploso alcuni colpi di pistola calibro 38 contro il padre, uccidendolo sul colpo. Subito dopo, i due avrebbero nascosto il corpo in un locale interrato dell’abitazione e fatto sparire l’arma del delitto. Il cadavere dell’uomo, infatti, è stato rinvenuto soltanto il giorno successivo, all’interno dell’abitazione di Bovalino, a seguito della tardiva richiesta di soccorso da parte dei familiari. È stato, questo, il primo campanello d’allarme ad aver insospettito gli inquirenti, portandoli a effettuare un sopralluogo nell’appartamento. L'omicidio sarebbe avvenuto al culmine di un'accesa discussione nata da dissidi familiari di lunga data. A sparare sarebbe stato il fratello maggiore.
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Le indagini si sono avvalse di strumenti tecnologici, tra cui l’analisi dei sistemi di videosorveglianza presenti sul territorio, che hanno contribuito in modo determinante a chiarire parte della dinamica dei fatti. Un ulteriore contributo lo hanno fornito le dichiarazioni rese dal figlio maggiore, che si è presentato spontaneamente in caserma accompagnato dai suoi legali. Durante l’interrogatorio, il giovane ha anche indicato il luogo in cui lui e il fratello si erano disfatti dell’arma del delitto, una pistola a tamburo calibro 38 priva di matricola, trovata in un’area isolata del Comune di Ardore, nel Reggino, all’interno di un sacco contenente anche bossoli e munizioni, tutte dello stesso calibro. Il 18 gennaio scorso, inoltre, le ricerche svolte dai carabinieri hanno consentito di recuperare anche l’autovettura del padre, nascosta in una zona di campagna alla periferia di Bovalino. Tutto quanto rinvenuto è stato sequestrato e sarà sottoposto ad accertamenti approfonditi da parte del personale specializzato della Sis del Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria e del Ris di Messina. Intanto, le indagini delle due Procure proseguono al fine di verificare eventuali responsabilità di terzi. Gli investigatori stanno esaminando con attenzione i rapporti familiari e i contesti personali delle persone coinvolte per ricostruire il movente e le dinamiche che hanno portato al tragico epilogo. I due fratelli fermati si trovano attualmente a disposizione delle autorità giudiziarie, in attesa di convalida.