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Franco Bernardo Bergamin ucciso e nascosto nell'armadio dentro due sacchi a Padova. Si cerca 45enne convivente. La vicina: «Urla e mobili spostati»

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LIMENA (PADOVA) - Franco Bernardo Bergamin, 80 anni, era dentro a due sacchi in un armadio chiuso a chiave dall’esterno, in una stanza-sgabuzzino nella sua casa al civico 4 di via Papa Giovanni XXIII a Limena, nella cintura urbana di Padova. Era morto ed era stato nascosto da almeno una decina di giorni, ucciso (forse) da alcuni colpi in testa dati con un oggetto che non si trova. Come non si trova il 45enne che negli ultimi mesi viveva lì. È lui il principale sospettato di un fascicolo aperto dal sostituto procuratore Marco Brusegan con l’ipotesi di omicidio volontario. L’allarme lo hanno dato, poco dopo mezzogiorno di ieri, la sorella e il cognato di Bergamin, che non sentivano l’80enne da alcuni giorni. Quando i carabinieri della stazione di Limena sono arrivati davanti alla casa, hanno provato a suonare anche loro il campanello. Nulla. Alla fine sono stati chiamati i vigili del fuoco che hanno sfondato la porta d’ingresso, chiusa a chiave. Appena entrati, carabinieri e pompieri sono stati investiti da un fortissimo odore. Era chiaro che, all’interno di quell’abitazione, c’era un cadavere. E che il decesso era avvenuto parecchi giorni prima. In via Papa Giovanni XXIII sono così arrivati anche i carabinieri del Reparto operativo dei carabinieri di Padova del colonnello Gaetano La Rocca, assieme agli esperti della scientifica.

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La scena del crimine

Entrati in casa, militari e pompieri hanno notato una porta chiusa a chiave, incellophanata e sigillata dall’esterno con del nastro adesivo: era da lì che arrivava l’odore nauseabondo. Una volta tolti i sigilli e sfondata anche questa porta dai vigili del fuoco, gli investigatori sono entrati nella stanza, molto in disordine, una specie di ripostiglio, e hanno puntato direttamente alla cabina armadio, chiusa a chiave anch’essa. Dopo averla aperta con colpi d’ascia, i carabinieri e i vigili del fuoco si sono trovati di fronte a un corpo steso sul pavimento del mobile e avvolto in due sacchi: uno calato dalla testa fino alla vita e l’altro infilato dai piedi fino alla vita. Il sacco infilato ai piedi era legato alla caviglia con dei lacci. Dentro c’era il corpo ormai in avanzato stato di decomposizione di Bergamin. Ad attirare l’attenzione degli inquirenti e del medico legale della procura, il dottor Antonello Cirnelli, sono state alcune fratture alla testa, compatibili con dei colpi dati con forza. Per dire cosa siano, servirà però l’autopsia e prima di essa una tac total body: entrambe verranno effettuate nei prossimi giorni, quando il pm Brusegan darà incarico ai propri periti.

Il depistaggio

Non solo i due sacchi neri, l’armadio chiuso a chiave in una stanza sigillata, seppur in maniera rudimentale. Perché per evitare che il corpo dell’80enne venisse scoperto, erano state spruzzate delle bombolette di profumo per ambienti sia nella stanza-ripostiglio (in maniera molto invasiva tanto da sentirsi nonostante l’odore nauseabondo del processo di putrefazione) sia in tutto l’appartamento. Uno stratagemma che, nell’ipotesi dei carabinieri di Padova, sarebbe servito a far guadagnare tempo all’ospite 45enne, ora di fatto ricercato e sospettato numero uno.

La testimone

Pasqualina Mason, vicina di casa di Franco, racconta gli ultimi giorni prima della scoperta del cadavere: «Mia sorella, che abita accanto a me e ha le finestre che danno sulla sua casa, una settimana e mezza fa (compatibile con il giorno della morte di Bergamin, ndr) ha sentito dei rumori strani in piena notte. C’era confusione, sembrava che si spostassero i mobili. Poi più nulla. È uscita in giardino e ha urlato: “Va tutto bene?”. Ma lui non le ha risposto. Da quel giorno, non lo abbiamo più visto». «Ospitava un ragazzo, Alessio - racconta l’anziana - Lo vedevo arrivare la sera tardi e andare via nel pomeriggio. A volte veniva con una ragazza, altre con persone diverse. Non ho mai capito se fosse la sua fidanzata o qualcuna che passava ogni tanto». Lunedì scorso, la signora Mason ha visto per l’ultima volta il 45enne sospettato del delitto: «È passato davanti a casa mia. Poi più niente». L’allarme è scattato ieri mattina, quando la sorella di Franco, preoccupata perché l’anziano non rispondeva al telefono e al campanello, si è recata a casa sua con il marito. «Sono venuti a suonare anche alla nostra porta», racconta Mason. «Hanno chiesto se sapevamo qualcosa, perché da giorni non avevano più sue notizie. Ma noi avevamo il presentimento che gli fosse successo qualcosa. Che l’avessero ammazzato».

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