ARTICLE AD BOX
Pietro Senaldi 10 gennaio 2025
- a
- a
- a
Genova per chi? Il capoluogo ligure tornerà alle urne l’11 o il 18 maggio, a un anno esatto dall’evento che sconvolse città e Regione, l’arresto del presidente Giovanni Toti, all’alba del 7 maggio 2024, in un hotel di Sanremo. Dopo oltre due mesi agli arresti domiciliari, il governatore si dimise, per poi patteggiare 1600 ore ai servizi sociali per corruzione impropria e finanziamento illecito, poca cosa rispetto alle accuse iniziali dei pm.
La sinistra era convinta di conquistare la Regione, grazie all’aiutino giudiziario, il campo largo dei manettari si riunì nella centralissima piazza Luigi De Ferrari, Giuseppe Conte pretese che Elly Schlein lasciasse Matteo Renzi fuori dalla coalizione e venne candidato il piddino Andrea Orlando, già tre volte ministro. La gioiosa macchina da guerra al pesto franò perché il centrodestra, dopo mesi di travaglio, puntò sull’allora sindaco di Genova, Marco Bucci, che nell’ottobre scorso vinse e lasciò libera la poltrona di primo cittadino.
Da quel giorno a Palazzo Tursi, sede del Comune, comanda Pietro Piciocchi, 47 anni, vicesindaco reggente, una sorta di Superman nell’arte di amministrare, capace di reggere venti deleghe, mago del fisco, dei numeri, del fare, gran lavoratore, sei figli, vicino all’Opus Dei e dato in quota Lega, benché non tesserato, visti gli ottimi rapporti con il viceministro dei Trasporti, Edoardo Rixi, l’esponente più rappresentativo a livello nazionale del centrodestra ligure. Piciocchi ha nelle capacità il suo punto forte, da vendere all’elettorato, e nell’immagine da costruire e lucidare quello su cui lavorare. Si dice muoia dalla voglia di candidarsi; forse un po’ troppo, fanno notare i critici, che ne mettono in burla il nuovo attivismo su tutti i canali social e gli rimproverano l’intervista regale rilasciata nella sala cinquecentesca del Palazzo, mai utilizzata da Bucci per promuoversi. In una città dove vince il basso profilo e che non ha mai apprezzato la grandeur da bauscia milanese di Toti, è parso un atto d’arroganza, specie da un aspirante sindaco eletto.
Il futuro di Luca Zaia agita il centrodestra: retroscena, ecco cosa può accadere
ALLINEATI
A Capodanno, Bucci gli ha fatto il regalo, dichiarando che «tutto il centrodestra è allineato su Piciocchi, che presto presenterà il programma». I partiti non hanno commentato, ma solo Fratelli d’Italia avrebbe la forza politica per opporsi, cosa che non sembra intenzionato a fare. Non candidare il vicesindaco reggente, è il ragionamento, sarebbe un autogol; significherebbe bocciare il lavoro suo e di Bucci prima e presentarsi agli elettori rinnegando tutto quello che è stato fatto. Se si fosse voluto puntare su qualcun altro, si sarebbe dovuto scegliere un commissario che traghettasse al voto la città. Per dare al suo ex vice un’ulteriore spinta, Bucci ha convocato per domani alle 13 i responsabili di tutti i partiti del centrodestra. Tema del giorno: le elezioni nel capoluogo; svolgimento: tutti con Piciocchi.
Ma il mugugno è nel dna di Genova. Piciocchi convince, tuttavia non entusiasma. La coalizione è preoccupata perché in città alle Regionali, meno di tre mesi fa, lo sconfitto Orlando ha preso 18mila voti in più di Bucci. Rispetto alle Europee di quattro mesi prima però, il centrosinistra ha perso tremila consensi e il sindaco candidato ne ha recuperati 27mila, fanno notare i sostenitori di Superman, che peraltro condivide una certa somiglianza con Clark Kent. Poco mediatico e poco conosciuto, l’uomo è comunque partito alla grande, scegliendo come assessore Enrico Costa, erede di una delle famiglie più autorevoli di Genova e presidente del Centro di Solidarietà, da cinquant’anni punto di riferimento cittadino. Ha rinunciato alla prosopopea sulle opere pubbliche tipica del ticket Toti-Bucci e ha iniziato a parlare di più dei genovesi e dei loro bisogni. Va nei quartieri, mantiene contatti con le categorie: il messaggio per vincere è che si è voltato pagina, lo stesso che ha consentito al centrodestra di mantenere la Regione, a ottobre.
Alla fine i partiti pensano che, tutto sommato, con Piciocchi si possa vincere, anche se la partita sarà all’ultimo voto, a patto di non mettersi a far confusione come accaduto nella scelta del candidato alla Regione, la scorsa estate. Unica alternativa potrebbe essere l’onorevole Ilaria Cavo, di Noi Moderati, già assessore di Toti e che l’ex governatore, tanto per cambiare, sospinge.
Retroscena: De Luca ha in pugno Schlein (e il centrodestra può vincere in Campania)
La signora ha ottimi uffici con Fdi e gira la voce che potrebbe entrare in gioco nel caso che Piciocchi venisse dirottato alla presidenza del Porto.
Più incerto il quadro dall’altra parte. La scelta tocca al Pd, che a ottobre a Genova ha preso quasi il 30% e pesa nel campo largo per più della metà. M5S ha già fatto sapere che, se il candidato sindaco sarà un dem, non lo sosterrà, ma tutti sono convinti che alla fine i grillini non correranno da soli, se non altro per evitare una figuraccia - e l’ennesima scomunica da parte del padre fondatore Beppe - nella terra dove sono nati. Il primo nome che viene in mente è quello di Andrea Orlando, il capo dell’opposizione in Regione. Le gerarchie locali ci stanno pensando, ma già un centimetro fuori dal partito tutti gli altri sono perplessi. L’ex ministro è spezzino, e quindi per i genovesi doc è più tosco-emiliano che ligure. C’è un’antipatia atavica, sotto la Lanterna, per chi arriva da oltre il Passo del Bracco, dove un tempo i briganti derubavano mercanti e viaggiatori in arrivo dalla Superba.
Pur essendo rimasto a sorprensa in Regione, rinunciando al Parlamento, il suddetto non pare interessato all’opzione. È vero che per gennaio ha organizzato una serie di appuntamenti dal sapore vagamente pre-elettorale e il 20 dicembre scorso, al Teatro Strada, ha dato vita a un’assemblea molto partecipata in cui ha lanciato la sua modalità di permanenza in Liguria, ma l’ipotesi di una sua candidatura non ha molta consistenza.
GLI ASPIRANTI
Tanti sono pronti a farsi avanti, allettati dalla prospettiva di una vittoria facile. Un potenziale candidato sarebbe stato l’ex consigliere comunale dem Alberto Pandolfo, ma è appena andato a Roma per occupare il seggio lasciato libero proprio da Orlando. Sul piatto del Pd per ora ci sono tre nomi: i campioni di preferenze alle Regionali Armando Sanna, Federico Romeo e Alessandro Terrile. Il primo però è stato immortalato mentre scendeva anche lui dallo yacht di Aldo Spinelli e il terzo, approdato alla presidenza di Ente Bacini dopo il discusso Maurizio Vianello, è entrato nelle carte dell’inchiesta su Toti. Quanto al secondo, giovanissimo, non ha ancora un curriculum competitivo. È stato costituito un collegio di saggi per studiare la candidatura giusta, e non è detto che alla fine non si faccia avanti Simone D’Angelo, il segretario dem cittadino, appena sbarcato in Consiglio Regionale, dove è capogruppo, che mantiene un basso profilo ma sa piazzare le zampate giuste. Siamo comunque in alto mare.
Questo rende difficile la convergenza su un civico, anche se, nella sinistra genovese, la differenza tra un tecnico o un esponente della società civile e un organico al Pd è spesso tenue. E allora, malgrado lei continui a scansare l’impegno, è possibile che la sinistra finisca per bussare alla porta di Roberta Pinotti, che potrebbe mettere d’accordo tanti.
Anche perché, nell’incertezza generale, a sinistra c’è una sola convinzione: stavolta niente veti, se si vuol vincere il campo deve andare dall’estrema sinistra ai centristi. In città c’è fermento. Si sta animando un nuovo centro che sta organizzandosi, radunando forze e soldi in vista del voto, ma non si sa ancora per metterli a disposizione di chi o, nel caso, per sostenere chi.
Dietro le quinte si sta muovendo anche la classe politica che ha sempre girato intorno all’ex governatore dem Claudio Burlando. Ci sarebbero due candidati civici pendenti verso il centrosinistra, Filippo Bollè, espressione anche della comunità ebraica e figlio di un grande avvocato, e il commercialista Andrea Acquarone. Si sostiene che si starebbero attivando anche i reduci del Partito Repubblicano, per sostenere l’uno o l’altro.
Quando si parla di queste cose, carambola inevitabile il nome di Pippo Rossetti, eterno navigatore della politica locale, già assessore proprio di Burlando e prima ancora membro attivissimo del comitato che nei primi anni Novanta portò in Municipio il magistrato Adriano Sansa, figlio di Ferruccio, il candidato della sinistra alle Regionali del 2020, sconfitto nettamente da Toti. Rossetti ha lasciato il consiglio regionale a ottobre, dopo essere transitato dal Pd ad Azione e ora fa tutt’altro. Ma la politica è un vizio, o una passione, da cui pochi guariscono.