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Orchidea Colonna
Giornalista, globetrotter e food lover. Sono convinta che ogni viaggio, ogni luogo visitato e osservato, ci renda più ricchi dentro. Da un viaggio si torna sempre diversi e migliori da come si è partiti. Seguitemi e attraverso i miei occhi scoprirete un mondo di inattesa bellezza
Giovanna Dal Magro è una figura iconica nel panorama della fotografia italiana. Con una carriera che abbraccia più di cinque decenni, la sua arte è il riflesso di una mente curiosa e di uno spirito libero. Il suo lavoro si estende ben oltre l’obiettivo della macchina fotografica: è una celebrazione della vita, della bellezza e della diversità del mondo.
"In ogni scatto c’è un pezzo di me. Non fotografo per documentare la realtà, ma per esplorare ciò che essa nasconde," racconta Dal Magro con una voce vibrante, capace di comunicare la passione che ha guidato la sua intera esistenza. L’approccio di Giovanna Dal Magro alla fotografia non è stato convenzionale. Prima di impugnare una macchina fotografica, si è dedicata alla pittura. "Dipingevo da quando ero bambina," spiega "frequentavo l’Accademia di Pittura al Castello Sforzesco, ma sentivo che mancava qualcosa. Poi, un giorno, durante una visita a un’amica grafica, accadde qualcosa che mi cambiò per sempre. Vidi una fotografia emergere dall’acido della camera oscura, e in quel momento capii che quella era la mia strada. È stato come rinascere".
Quell’esperienza la condusse a un’immersione totale nel mondo della fotografia. "Trascorrevo notti intere in camera oscura, imparando a conoscere la luce, i contrasti, le ombre. Non era solo tecnica: era magia".
Nonostante la sua dedizione, Dal Magro si rifiutò di aderire a uno stile o a una tematica specifica. "Non mi piace essere ingabbiata. Per me, l’arte è esplorazione, sperimentazione continua. Non potrei mai fare sempre la stessa cosa. La monotonia uccide la creatività. La carriera di Giovanna Dal Magro si intreccia con i suoi viaggi, che l’hanno portata nei luoghi più remoti e affascinanti del pianeta. "Viaggiare non è solo andare da un luogo all’altro," afferma. "È immergersi in una cultura, respirarne l’anima, scoprire ciò che è invisibile agli occhi superficiali".
Uno dei suoi primi viaggi significativi fu in Messico, dove rimase colpita dalla potenza simbolica del Chac-Mool a Chichén Itzá. "Sembrava che il tempo si fosse fermato. Guardando quella statua, ho avuto la sensazione di percepire il dolore e la spiritualità di un’intera civiltà".
Un altro viaggio indimenticabile la portò nelle Ande peruviane. "Ricordo di aver camminato per ore, sfidando il freddo e la fatica, per raggiungere un villaggio remoto. Gli abitanti mi accolsero con calore, e i loro volti erano storie viventi. È stato uno dei momenti più toccanti della mia carriera".
Il suo spirito d’avventura l’ha portata anche in Amazzonia, dove ha documentato le tradizioni degli Ye’Kuana. "Dopo giorni di navigazione in canoa, arrivammo al villaggio in un momento cruciale: gli uomini stavano tornando dalla grande festa della caccia. Mi permisero di fotografare, e quelle immagini sono ancora oggi tra le mie preferite".
Tra le esperienze più straordinarie, Dal Magro ricorda l’ascesa sull’Autana, la montagna sacra degli indigeni Piaroa. "La scalata fu estenuante, ma arrivata in cima, mi sono sentita sopraffatta dalla bellezza e dalla spiritualità del luogo. È stata una lezione di umiltà davanti alla natura".
La versatilità di Giovanna Dal Magro si manifesta anche nei suoi ritratti, che catturano l’essenza delle personalità ritratte. Marina Abramović, Dario Fo, Andy Warhol e Aldo Busi sono solo alcuni dei nomi che hanno posato davanti al suo obiettivo.
"Con Marina Abramović è nata una connessione immediata. La conobbi durante una sua performance estrema, Rhythm 4, in cui si esponeva al vento di un ventilatore industriale. La fotografai mentre crollava per la fatica, e da quel giorno siamo diventate amiche".
Un episodio emblematico riguarda Aldo Busi. "Era impossibile fotografarlo in posa," ricorda. "Alla fine, finsi di aver terminato il lavoro. Quando si rilassò sul divano, scattai due foto. Sono state le sue preferite. Aldo aveva un’anima complessa, e io volevo catturarne la verità".
Gli anni Settanta furono un periodo di fermento politico e sociale in Italia, e Giovanna Dal Magro era in prima linea. "La fotografia era il mio modo di partecipare al cambiamento," spiega. "Documentavo cortei, scioperi, manifestazioni, ma anche momenti di vita quotidiana che raccontavano lo spirito del tempo".
Uno degli scatti più iconici di quel periodo ritrae manifestanti arrampicati sul monumento a Vittorio Emanuele II a Milano. "Quella foto è diventata un simbolo, ma per me rappresenta soprattutto la voglia di cambiamento che animava quei giorni".
La capacità di Giovanna Dal Magro di trovare poesia nei dettagli si riflette in molte delle sue opere. Durante un viaggio in Cina, notò un campo di ombrelli rossi. "Mi svegliai all’alba per andare a fotografarlo. Era come un’opera d’arte creata dalla natura e dall’uomo insieme".
Anche nei momenti difficili, Dal Magro non ha mai smesso di creare. "Durante una lunga degenza in ospedale, la mia finestra si affacciava su un tetto dove lavoravano degli operai. Li fotografai ogni giorno, trovando conforto nella loro routine e nella loro determinazione".
Riguardo ai cambiamenti nell’industria fotografica, Dal Magro ha opinioni chiare. "Oggi la fotografia è accessibile a tutti, grazie ai social media. Questo è un bene, ma c’è il rischio di perdere la profondità. Non basta un clic per raccontare una storia. Ci vuole studio, dedizione e, soprattutto, una visione".
Giovanna Dal Magro non è solo una fotografa: è un’esploratrice, una narratrice, una testimone del suo tempo. "Non ho mai voluto essere definita in un solo modo," afferma. "La vita è troppo ricca e complessa per essere rinchiusa in un’etichetta. Per me, fotografare è come respirare: naturale, necessario, vitale".
È possibile scoprire l'arte di Giovanna Dal Magro anche nella nuova mostra di Marina Abramović alle porte di Bergamo con Breath and Fire, una mostra che esplora la profondità dell’esperienza umana attraverso trenta opere storiche e recenti. Ospitata nell’ex stabilimento industriale gres art 671, la personale resterà aperta fino al 16 febbraio, offrendo ai visitatori un viaggio tra performance iconiche e nuove creazioni. Tra le opere esposte spiccano fotografie di performance storiche, tra cui Imponderabilia, immortalata da Giovanna Dal Magro: un’opera in cui il pubblico era chiamato a passare tra i corpi nudi di Marina e Ulay, mettendo alla prova il proprio senso del limite.
Tra le esposizioni di rilievo, Giovanna Dal Magro ha partecipato anche lo scorso ottobre anche a Genti, un progetto che ha esplorato i legami sociali e le relazioni materiali nel tempo. L’iniziativa, promossa dall’Associazione Donne Fotografe, ha proposto un viaggio attraverso esperienze familiari, dalle più tradizionali alle più fluide e contemporanee. Le immagini esposte hanno raccontato trasformazioni personali e sociali, affrontando temi come l’identità, la memoria e la convivenza tra culture.
Con il suo lavoro la Dal Magro, tutt'oggi in piena attività, con la sua versatilità continua ogni giorno e lasciare un segno indelebile nell’arte ricordandoci che la bellezza, la verità e la curiosità sono i motori più potenti dell’esistenza umana.