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Gli Usa e il caso Sala: “Rilasciare subito tutti i cittadini detenuti ingiustamente”

4 giorni fa 1
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Washington. Washington è a conoscenza del caso di Cecilia Sala, e chiedono all’Iran di rilasciare tutti le persone detenute senza giusta causa. Lo si apprende da una nota divulgata da un portavoce di Foggy Bottom nella tarda serata del 27 dicembre (peraltro ripresa dall’Ansa), lo stesso giorno in cui c’è stata l’udienza preliminare del cittadino iraniano arrestato in Massachusetts, la cui detenzione, e soprattutto quella del socio in affari arrestato in Italia, potrebbe essere legata a quella della giornalista italiana. "Siamo a conoscenza" delle notizie sulla detenzione di Sala in Iran - recita la nota -, il cui "regime sfortunatamente continua ad arrestare ingiustamente i cittadini di molti Paesi, spesso per utilizzarli come leva politica. Non c'è giustificazione e dovrebbero essere rilasciati immediatamente", ha detto un portavoce del Dipartimento di Stato. “Siamo in contatto frequente con alleati e partner i cui cittadini sono ingiustamente detenuti dall’Iran”, conclude la nota del portavoce del dipartimento di Stato.

Nessun riferimento viene tuttavia fatto all’arresto dei due cittadini di origini iraniane avvenuto il 16 dicembre, ma che secondo alcune ricostruzioni è collegato alla vicenda della giornalista Sala. Si tratta di Mahdi Sadeghi, comparso dinanzi al giudice del tribunale Federale di Boston, nel corso dell’udienza preliminare che si è tenuta, appunta, venerdì in merito alla sua incriminazione. L’ingegnere di origini iraniane è accusato di aver venduto illegalmente tecnologia utilizzata nella costruzione di droni impiegati dalle Guardie rivoluzionarie e dalle loro procure in Medio Oriente. Non ultima la formazione irachena che alla fine di gennaio ha condotto il raid in Giordania costato la vita a tre militari americani.

L’arresto di Sadeghi è scattato in parallelo con quello del suo “socio in affari”, Mohammad Abedini-Najafabadi fermato dagli investigatori della Digos milanese all'aeroporto di Malpensa, dov'era in transito proveniente da Istanbul, e tuttora in carcere in attesa che la Corte d'Appello decida sulla sua estradizione negli Usa. Secondo la procura americana è fondatore di una società della Repubblica islamica che produce moduli di navigazione utilizzati nel programma di droni militari dei Pasdaran per conto della quale i due avrebbero venduto tecnologie americane violando i divieti delle sanzioni. “Il dipartimento di Giustizia riterrà responsabile coloro che consentiranno al regime iraniano di continuare a colpire e uccidere gli americani e minare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, ha commentato il ministro Merrick B. Garland.

La vicenda dei due iraniani (e l’eventuale coinvolgimento con la reclusione di Sala) è, almeno sulla sponda americana, ancora nei canali di Intelligence, Fbi, dipartimento di Giustizia e, come da prassi in questi casi, il presidente non agisce direttamente, pur rimanendo informato dei fatti. In questa fase quindi, che alla Casa Bianca ci sia Joe Biden o Donald Trump cambia poco. Nel caso la vicenda dovesse assumere una rilevanza politica, il presidente Usa, su sollecitazione del governo di Roma, potrebbe muoversi valutando eventuali ipotesi. Il che potrebbe avvenire nel corso della visita di Biden in Italia prevista per il 9 gennaio, sebbene l’auspicio è che la giornalista italiana venga liberata prima.

Rimane da dire che, essendo gli Stati Uniti assai attenti alle attività di infiltrazione iraniane (basti vedere il recente attentato a Trump poi smentito), è chiaro che la priorità del governo è prima ottenere il massimo delle informazioni possibili dai due detenuti e poi individuare un “ritorno” ad un eventuale scambio come quelli già avvenuti in passato. A quel punto, - ci si muove sempre nel campo delle ipotesi -, le valutazioni potrebbero assumere diversi contorni sulla base delle esigenze fissate dal presidente in carica in quel momento.

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