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MONTECARLO. Ha atteso 686 giorni per tornare sul gradino più alto del podio, quasi due anni (Austria 2022). Ha aspettato una vita per farlo a casa sua, conquistando finalmente il Gran premio di Montecarlo. Sembrava stregato, il Principato, per il principino Charles, diventato finalmente «Reclerc» al sesto tentativo, il terzo dopo aver conquistato la pole position che quasi sempre qui è decisiva e invece per lui – il danno nel 2021, la pioggia e la strategia sbagliata nel 2022 – non lo era ancora stata. Ci sono voluti 26 anni di pazienza e forse le ultime due ore e mezza, quelle che gli sono servite per completare i 78 giri con interruzione (bandiera rossa) in mezzo alle due partenze, sono state le più lunghe pregustando il trionfo, anche se come spesso accade in questa gara – se il meteo non ci mette lo zampino – non è accaduto praticamente nulla.
Mondiale riaperto
Benedetta noia, in ogni caso. Benedetto trenino. Il tabù è infranto, la maledizione alle spalle, Leclerc può stappare lo champagne: finalmente profeta in patria, questa per lui sarà sicuramente la più bella delle sue sei vittorie in Formula 1. Non ci riusciva dal 10 luglio 2022, a casa Red Bull, quando espugnò l’Austria. Era il 2022 delle illusioni Mondiali, questo successo – il secondo della Rossa nel 2024 dopo quello di Carlos Sainz in Australia – allo stesso modo potrebbe segnare un’inversione di tendenza nel campionato. Perché ad un terzo del cammino, 8 gare su 24, Charles si porta a 31 punti da Max Verstappen, frustrato al volante di una Red Bull che ha perso due delle ultime tre gare (l’altra, a Miami, vinta dalla McLaren di Lando Norris), mentre la Ferrari – terzo Sainz – si avvicina notevolmente nella classifica costruttori.
Paura al primo giro
Super Max, si diceva. Dopo averci fatto annoiare per un paio di stagioni, questa volta è toccato a lui. «Uccidetemi», ha scherzato via radio dopo un’ottantina di chilometri. «È tutto così noioso – ha aggiunto -, dovevo portarmi un cuscino». Questa è Montecarlo, bellezza. Al netto degli incidenti: alla prima partenza, sì che era successo di tutto. Sainz aveva quasi passato Oscar Piastri a Santa Devota, ma nel contatto con la McLaren ha rimediato una foratura all’anteriore sinistra. Il suo Gp sembrava finito al Casinò, ma lo spagnolo è stato rimesso in gioco dalla follia di Kevin Magnussen (recidivo), che poche decine di metri più indietro ha speronato Sergio Perez, spiaccicando la sua Red Bull contro le barriere. Impressionanti le immagini della RB20 completamente distrutta e bandiera rossa inevitabile, incredibile che il danese non sia stato nemmeno investigato. Al contrario di Esteban Ocon (10” di penalità, pagherà in Canada), ritiratosi dopo lo scontro fratricida con Pierre Gasly.
Stop di 40 minuti
L’interruzione di 40 minuti – si è ripartiti con le stesse posizioni della qualifica - ha consentito ai team di smarcare la strategia, dribblando l’obbligo di pit-stop: chi era partito con gomme hard (Verstappen, George Russell, Lewis Hamilton) ha montato le medie e gli altri (Leclerc, Piastri, Norris) viceversa. Per vincere, a Charles è dunque bastato passare in testa alla prima staccata, gestendo poi il ritmo della lunga processione verso il traguardo, senza cambi di posizione tra i primi. Unica preoccupazione, l’usura degli pneumatici. Il suo ingegnere di pista, Bryan Bozzi, prima gli ha chiesto di scaldarli gradualmente, in modo da ottimizzarne la durata. Quindi a metà gara lo ha invitato a «rallentare un pochino», per evitare che Norris potesse permettersi una sosta davanti a Russell, ma Leclerc ha preferito fare di testa sua. E dopo una cinquantina di giri forse si stava annoiando a sua volta, perché ha scherzato via radio: «Posso andare più veloce di così, volete vedere che ritmo ho?». Forse voleva diminuire l’attesa del trionfo. «No Charles, non siamo interessati», è stato al gioco Bozzi. Per realizzare il suo sogno, bastava (e avanzava) così.