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Gli investigatori contano su una pista buona per risolvere in non troppo tempo il giallo dell’assalto a suon di bombe col tritolo e pistolettate all’abitazione (in affitto) di “Kalo”, trentenne spacciatore di origini tunisine, al secolo Amine Mohamed Alaya, alla Borghesiana. Una delle ipotesi è quella di una punizione per un carico di droga finito male o un maxi-debito. Il raid era avvenuto alle 5,30 di sabato quando due uomini, probabilmente coperti da un terzo palo, a bordo di un’auto hanno imboccato a tutta velocità via Cianciana, stradina residenziale e di villette, per poi scatenare la loro potenza di fuoco. Salvo il trentenne, nessuno per fortuna è rimasto ferito, nonostante i danni ingenti a due appartamenti e a un paio di vetture parcheggiate, ma enorme è stato lo spavento: «Uno, due boati poi ha tremato tutto», i racconti dei testimoni.
Le ragioni dell’incursione stile guerriglieri narcos sudamericani, una «dichiarazione di guerra» pronunciata dai piani alti della malavita, secondo gli inquirenti, vanno ricercate a Tor Bella Monaca, tra i cortili del comparti R8, R10 e R11 dove Kalo ha sempre operato.
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LA COMUNITÀ
Degli affari e delle faide lavate nel sangue all’ombra delle Torri sta aprendo uno squarcio da qualche tempo il collaboratore di giustizia Alessandro Palone. Era stato lui a spiegare, tra i primi, nel dettaglio il metodo con cui i capi-piazza di Torbella indottrinavano i pusher per eludere il carcere in caso di arresto: «Avendo l’iscrizione al Sert (fingendosi tossicodipendenti, ndr) diceva - si possono avere grossi vantaggi avendo accesso alle comunità». Non è un caso che indagini successive hanno dimostrato come in queste strutture si siano ritrovati boss e personaggi di spicco della mala che hanno continuato a fare affari e a stringere nuovi patti e alleanze. E in comunità era finito anche Kalo dopo essere stato arrestato l’ultima volta dagli agenti del VI Distretto Casilino che lo avevano scovato per l’ennesima volta, qualche mese fa, a trafficare con la droga. Il tribunale di sorveglianza nel frattempo ha accordato all’uomo il benestare per entrare in comunità ma con l’obbligo di rientrare a casa la sera e di rimanervi per tutta la notte. Il commando che ha agito poco prima dell’alba di sabato, dunque, sapeva con certezza di trovarlo. Sul caso indagano gli investigatori del Casilino e della Squadra Mobile, insieme con i magistrati dell’Antimafia che hanno aperto un fascicolo per tentata strage. Kalo, da quanto finora emerso, sarebbe stato una sorta di coordinatore con compiti di controllo sui pusher nordafricani di Torbella, ragazzi che spesso tentano di alzare la cresta, uscendo dalla manovalanza dei clan per mettersi direttamente a disposizione dei fornitori più grossi. Una delle ipotesi è che questa volta l’entourage criminale del trentenne possa essere entrato in rotta di collisione diretta coi “signori della droga” che inondano la Capitale di coca e crack. Forse un maxi-debito o uno sgarro in occasione delle “ordinazioni” in vista delle Feste e del Capodanno o uno “sgarro” per via di qualche partita non andata a buon fine potrebbero avere scatenato la rappresaglia in grande stile alla Borghesiana, con tanto di uso del tritolo, un esplosivo il cui possesso non è alla portata di delinquenti qualsiasi. I radar degli inquirenti sono, dunque, puntati sui narcos più attivi e radicati a Torbella e sui canali dei broker della droga che su input della ‘Ndrangheta e dei fidi alleati albanesi importano stupefacenti in quantità industriali dal Sudamerica. Tutte ipotesi, dunque. Un messaggio di sicuro è stato mandato forte e chiaro a Kalo che si era allontanato dalle Torri per spostarsi alla Borghesiana, nel caso poi volesse passare la barricata: «Ecco che ti succede, tu fatti i fatti tuoi».