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ROMA Matteo Salvini assente giustificato. Ha detto ai suoi di avvertire Palazzo Chigi che non sarebbe stato in aula al Senato affianco a Giorgia Meloni. E la strategia dell'assenza è risultata conveniente sia per lui («Renzi lo aspettava al varco e lo avrebbe bombardato su Putin e su tutto», dicono nella Lega soddisfatti per il pericolo scampato) sia per il capo del governo.
La quale ha evitato che la giornata ruotasse intorno all'assalto delle opposizioni contro Salvini; si è tolta dall'imbarazzo di vedere usato in presenza il suo vicepremier dagli avversari al grido: «Vedete, siete spaccati in politica estera»; e ha potuto liberamente, senza eventuali sbuffi di disaccordo o occhi alzati al cielo da parte del leader del Carroccio, illustrare la sua linea fortemente anti-Putin, filo-Ucraina, europeista e favorevole al riarmo Ue per fermare le minacce militar-imperiali prevenienti dalla Russia.
In Senato
E Salvini dov'è, visto che non è nell'emiciclo insieme a Meloni? «Avrà da lavorare altrove», ha detto sbrigativamente sulle prime il capogruppo leghista Romeo. E poi sempre lui: «Se Matteo fosse stato al suo posto nel banco del governo, si sarebbe scatenato tutto il fuoco contro di lui. La sinistra non avrebbe fatto altro che insultare e vaneggiare su presunte e inesistenti divisioni nella maggioranza. Quando noi, invece, votiamo sempre e anche stavolta tutti insieme. E sono i fatti parlamentari quelli che contano».
Tutti a pensare a Salvini e lui nel suo ufficio del Mit («Sta chino sulle sudate carte», esagerano i suoi vedendolo un po' come Vittorio Alfieri legato alla sedia e al tavolino a studiare) passa dalle beghe del codice della strada «da approvare al più presto» alla cabina di regia sulla crisi idrica. Un'assenza in Senato, la sua, che è di grande sollievo per i meloniani. I quali non vivono bene, ed è un eufemismo, i continui smarcamenti - li chiamano «ansia di visibilità» e «paura del tonfo alle Europee» - dell'alleato-rivale ma allo stesso tempo sanno che il suo tirare il più possibile la corda non potrà portare a un Papeete bis e si traduce puntualmente in una ritirata, per senso della realtà, come quella che si è svolta ieri dopo tutti i filo-putinismi di questi giorni da parte di Matteo.
«Le parole in Senato della presidente Giorgia Meloni sull'Ucraina, con particolare riferimento al rischio escalation, confermano - fa sapere da fuori Salvini - la linea responsabile e di buonsenso del governo italiano così come auspicato da sempre dalla Lega». E ancora: «C'è piena sintonia tra il vicepremier e il premier».
LA DISTANZA
Da lontano la «sintonia» si vive meglio, evidentemente. La strategia del capo del Carroccio, rispetto alla Russia, all'Ucraina, all'Europa «matrigna» e a Trump, comunque non procede all'unisono con la linea Meloni. Il che è una ricchezza perché quanto più c'è pluralità di posizioni - come dice qualcuno nel centrodestra - tanto più è ampia l'offerta elettorale e si possono raccogliere più voti? Mah. Di sicuro c'è che Salvini vede un mercato elettorale, lo stesso che vede Conte, che è quello del pacifismo, della stanchezza da guerra in Ucraina, della voglia di disimpegno e di pace purchessia.
Ai piani alti del Carroccio l'ultimo sondaggio Ipsos viene molto considerato: dice che la metà degli italiani non ne vuole più sapere di Ucraina e di aiuti all'Ucraina. Per un italiano su due, Zelensky dovrebbe accettare il negoziato con Putin, anche rinunciando a una porzione del proprio Paese. Questo è il target elettorale su cui Salvini, salvo poi allinearsi nel voto parlamentare con Meloni, vuole investire da qui alle Europee di giugno. Anche se questo spazio pacifista è molto trafficato, non solo M5S ma anche la destra estrema e i sinistresi alla Santoro. L'altro tema, poco melonista ma molto pop, individuato per portare la Lega a due cifre nel voto di giugno è quello dell'Europa brutta, sporca e cattiva. Questo il senso della kermesse di Identità e democrazia promosso da Salvini sabato a Roma con tutti i suoi ministri e guest star straniere ed estreme. Una spallata preventiva ad Ursula l'amica di Giorgia.