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Antonio Castro 17 marzo 2024
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Timidi segnali di allineamento al ribasso dei mutui bancari. La prudenza è d’obbligo dopo oltre 30 mesi di rincorsa dei tassi d’interesse. Con batosta economica in dote per gli italiani che, negli anni passati, avevano optato per i “golosi” tassi variabili (vicini allo 0). Salvo poi dover far fronte ad una mazzata con i rincari delle rate mensili. E contorno di salassi micidiali per i conti di famiglie e imprese. Scavallato (ci si augura) il periodo più duro degli aumenti a raffica - innescato dalla politica monetaria anti inflazione della Banca centrale europea- l’Associazione bancaria italiana vede adesso all’orizzonte un ritorno verso valori più sostenibili. Per l’economia nazionale e le famiglie.
«I tassi di mercato», puntualizza la consueta nota dell’Abi in occasione della diffusione del rapporto mensile, «stanno anticipando le future decisioni della Bce, quindi sono in diminuzione». Da Palazzo Altieri fanno intuire che «ci sono segnali che si rafforzano» e «attese che si vanno sempre più confermando di riduzione» dei tassi di mercato. E qui arriva la spiegazione che interessa milioni di famiglie e centinaia di migliaia di imprese: «Questi tassi influenzano i tassi bancari dal lato dei prestiti, come la diminuzione più significativa per quanto riguarda i tassi sui mutui ma anche sulle imprese.
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E ci sono i primi segnali di diminuzione anche per quanto riguarda la nuova raccolta a lungo termine delle banche», scandisce la nota dell’Associazione. «Mentre un altro dato importante è quello che la raccolta complessiva diretta delle banche in crescita», osserva sempre l’Abi. «Ci sono fenomeni che sicuramente sono positivi, e poi c’è il dato sui prestiti, che rimane sempre su un livello di variazione negativo, però secondo la nostra lettura», scandiscono i tecnici di Piazza del Gesù, «tenuto anche conto della raccolta nei confronti delle imprese, dipende soprattutto da fattori di domanda, e quindi dal posticipo di quelli che possono essere gli investimenti da effettuare», taglia corto l’Associazione.
Certo se la rotta dei tassi d’interesse si invertisse decisamente già nei prossimi mesi l’economia italiana avrebbe tutto da guadagnarci. Magari già da giugno. Anche perché alla crescita dei tassi, alla lievitazione del costo della vita ha fatto da pesante contraltare un rallentamento del mercato immobiliare, bene rifugio privilegiato dagli italiani. Il mercato del mattone, negli ultimi anni (da quando Francoforte ha preso a mettere il turbo al costo del denaro), ha accusato un rallentamento evidente. E preoccupante. Nel 2023- scottati dal rialzo dei saggi allo sportello - gli italiani hanno dirottato le proprie scelte finanziarie.
«L’80,2% dei mutuatari ha optato per un prodotto a tasso fisso. La seconda scelta è stata quella per il prodotto variabile con il 16,1% delle preferenze». Con una «crescita per i prodotti a tasso fisso del +21,8% e un calo per i prodotti a tasso variabile del 17,2%» mentre quelli «a tasso variabile con tetto del -5,4%, invariati gli altri prodotti», tira le somme l’indagine diffusa nei giorni scorsi dal gruppo finanziario Kìron Partner SpA (che rientra nell’orbita del mondo Tecnocasa). L’effetto “doping” dei vari bonus casa è ormai tramontato. Quantomeno non ha più avuto quell’impatto a trascinamento per il mercato immobiliare al dettaglio. Quelle famiglie che negli anni post pandemia - con i tassi intorno allo “0 virgola” - avevano deciso per l’acquisto ormai si sentono fortunate. Chi, invece, aveva temporeggiato in attesa di ribassi sui valori è rimasto con il cerino in mano. Il galoppare dei tassi sui mutui, la stretta monetaria imposta dalla Bce e a cascata trasferita sui correntisti dal sistema bancario, ha posto un freno alle transazioni immobiliari che negli anni buoni viaggiavano intorno al milione di scambi.
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Basta un dato aggregato per rendersene conto: l’Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2023 di Nomisma parla di «un calo del numero di compravendite pari al 14,6% su base annua rispetto al 2022. Le transazioni attese entro la fine dell’anno sono 670 mila, mentre nel 2022 sono state 784 mila in totale». Le stime per il 2024 (ancora assai prudenti, non si è chiuso neppure un trimestre), non è che siano di gran lunga migliori. Secondo il centro studi dello Svimez «la stretta monetaria» sarà superata «solamente nel 2025». Questo perché «pesa sulle prospettive del 2024 soprattutto l’immobiliare».
A tirare le somme è il Bollettino della Banca d’Italia (gennaio 2024) che si limita a sintetizzare: «Il ciclo immobiliare continua a risentire dell’inasprimento delle condizioni di finanziamento». Quindi, se l’Abi avesse ragione e la Bce entro l’estate cominciasse a limare i tassi, questo potrebbe contribuire alla ripresa economica (le stime di crescita 2024 viaggiano su percentuali omeopatiche) faticando a superare l’1%. Il mattone rappresenta un bene volano che fa da traino all’economia. L’augurio è che l’incidente grillino sintetizzato in 110%- che ha zavorrato i conti pubblici con costi miliardari per i prossimi lustri - venga archiviato. E che tornino a crescere vendite e acquisti. Per ora gli italiani i risparmi li hanno dirottati sui titoli di Stato (con evidente successo di acquisti nelle recenti emissioni da parte del Tesoro). Se la liquidità tornasse anche sul mattone...