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"I viaggi nel tempo sono possibili": il fisico italiano che può scrivere la storia, la sua teoria

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Luca Puccini 14 gennaio 2025

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Un po’ The big bang theory, un po’ Doctor Who (un po’ pure Il curioso caso di Benjamin Button ché c’entra, eccome se c’entra): ma soprattutto un po’ quella fantascienza di cui, in realtà, ci interessa per lo più l’ultima parte, ossia la scienza. Nella fattispecie: la fisica quantistica. Ché sì, è vero, in un certo senso, a metterla in termini accademici, si sminuisce il fascino del mistero, però d’altra parte si aumenta quello del possibile: e se i viaggi nel tempo si potessero davvero fare? Se bastasse una cabina, un “Tardis”, per ritrovarsi di colpo nel 1940 o nel 1870 o, perché no, anche nel 2030?

Niente di tutto questo. Almeno non al momento. Semmai stiamo parlando più di un via libera sulla carta. Una soluzione teorica, quella sì: e forse, per rimanere nell’alveo della storia della cinematografia, ci si potrebbe rifare a in quegli iconici sedici secondi di Frederik-Gene Wilder in Frankenstein Junior: «Si può fare». Concettualmente, ipoteticamente, il balzo in epoche differenti «si può fare». Meglio ancora: è fattibile, ma solo nel campo delle possibilità. Poi, vai a vedere (e comunque son dettagli, non è che bisogna sempre star lì a sottilizzare: va bene anche un pizzico di sacrosanta fantasia).

Prima, tuttavia, i passaggi scientifici. Perché la questione è oggetto di studio (anche di discussioni infinite tra nerd appassionati) e di uno studio serissimo. I manuali di fisica lo chiamano “il paradosso del nonno” e, in parole terra terra, è questo: se una persona viaggiasse nel tempo a ritroso e tornasse nel passato, e in questo passato uccidesse un suo antenato, allora non potrebbe essere nato e, di conseguenza, non potrebbe nemmeno intraprendere questo viaggio nel passato, però allora lascerebbe libero il suo (poniamo) bisnonno di completare la vita che gli spetta facendo in modo che la sua esistenza sia al sicuro. È un cortocircuito (per lo più mentale) dal quale non si riesce a uscirne. O quasi.

Ci è riuscita l’intuizione brillante di un giovane fisico italiano, Lorenzo Gavassino. Gavassino è uno di quei ricercatori che lavora all’estero, alla Vanderbilt university di Nashville, in Tennessee (Usa), ed è anche uno che i libri di Carlo Rovelli se li è letti tutti. Ha trovato un modo, Gavassino, per superare il “paradosso del nonno” mettendo insieme la teoria della relatività generale con la meccanica quantistica e con le leggi della termodinamica che abbiamo studiato tutti al liceo (però poi noi comuni mortali le abbiamo dimenticate). Il risultato è una pubblicazione sulla rivista Classical and quantum gravity: che mica importa in quale dimensione ti trovi, sempre prestigiosa rimane.

L’idea di Gavassino è questa: il “paradosso del nonno” esiste perché diamo per scontato che le leggi della termodinamica funzionino sempre nello stesso modo e nel modo in cui siamo abituati a constatarle noi, ma se ci trovassimo in prossimità di un buco nero dove la curvatura del tempo e dello spazio stravolge ogni cosa, non potrebbero essere stravolte anche loro? Non potrebbero, cioè, esserci delle fluttuazioni quantistiche sufficienti a cancellare l’entropia (ossia il disordine di cui siamo circondati) e incidere sui processi di invecchiamento ribaltandoli (eccolo qui, Brad Pitt che invecchia all’incontrario), sui ricordi (che potrebbero svanire) e su eventi irreversibili e temporanei (come, appunto, l’uccisione di un avo; anche se, semmai, la vera domanda a questo punto è un’altra: perché mai, tra tutte le cose che si potrebbero fare nel passato, scoprire chi ha ucciso Kennedy e come finiranno le partite di domenica prossima per giocare alla schedina, uno dovrebbe macchiarsi le mani ammazzando qualcuno a caso del proprio albero genealogico?). In sostanza, tornando a noi, a queste condizioni, siamo sicuri sicuri che il famoso “loop temporale” dei telefilm non esista vero, verissimo, veramente?

Fine dello sguardo stupito e chiusura della bocca aperta perché, sì, d’accordo, la teoria di Gavassino “funziona”, epperò no, non è ancora dimostrata e, men che meno, testata. Per i viaggi nel tempo, siamo onesti, serve tempo. Forse un giorno l’umanità ci arriverà, ma quel giorno non è oggi. Tanto per cominciare perché un conto è l’idea e un altro è la sua attuazione (vale sempre, vale in ogni ambito, vale pure qui), poi perché non è nemmeno certo, al momento, che nell’universo reale ’sti benedetti “loop temporali” esistano sul serio. Detto ciò, che sia materiale per un lungometraggio alla portata di chiunque (compreso chi scrive) o destinato a un simposio per studenti cervelloni delle Stem (decisamente inaccessibile a chi scrive), resta il fatto che la soluzione trovata da Gavassino è affascinante e avvincente e lascia aperta la strada a un sogno che ci accomuna praticamente tutti. Si sa mai, in un futuro che (magari) riusciremo a visitare...

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