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Al termine della battaglia tra Hamas e Tsahal nella base militare di Nahal Oz, il 7 ottobre del 2023, i morti sono stati sessantasei. Combattenti, soldati della brigata Golani e sentinelle – tatzpitaniyot in ebraico – sono stati colti di sorpresa all’alba di un giorno di festa. Molti erano di riposo, disarmati e – sembra incredibile – indifesi. Perché quel giorno erano troppo pochi i soldati armati nella base più vicina al confine (un chilometro), ci è voluto molto tempo prima che arrivassero i rinforzi e le infrastruttura si sono rivelate inadeguate a fornire protezione.
Delle tatzpitaniyot, tutte donne e definite con orgoglio dai connazionali “gli occhi di Israele sul confine”, incaricate di controllare i monitor collegati alle telecamere di sorveglianza sulle frontiere, 15 soldate sono state uccise e 7 sono state prese in ostaggio. Tra loro, una è stata assassinata e il suo cadavere è stato recuperato da Tsahal nell’ospedale Al Shifa di Gaza City. Un’altra, Ori Magidish, è stata liberata con un’operazione militare. Le altre cinque sono ancora prigioniere di Hamas. Sul loro destino aleggiano gli incubi più bui della popolazione ebraica.
Una settimana fa lo Stato Maggiore ha acconsentito a inoltrare le registrazioni delle comunicazioni tra i soldati rapiti e assassinati nel massacro del 7 ottobre e i filmati delle telecamere di sorveglianza della base militare di Nahal Oz alle famiglie che avevano presentato richiesta alla Corte Suprema.
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Attraverso quegli audio e quelle immagini, i parenti delle vittime hanno potuto ricostruire le ultime ore di vita dei propri cari a partire dall’ultimo turno di servizio di ciascuno di loro. La Bbc, che ha avuto accesso a questi documenti, ha pubblicato la cronologia delle sei ore in cui la base israeliana è caduta nella trappola di Hamas. E ha rilevato che «attività sospette erano state individuate da molti soldati prima del 7 ottobre», che alcuni soldati avevano notato «un brusco arresto delle attività di Hamas nei giorni precedenti l’attacco» e che «diverse apparecchiature di sorveglianza erano fuori uso o potevano essere facilmente distrutte». L’esercito israeliano sta ancora conducendo la sua «indagine approfondita» sugli eventi del 7 ottobre, compresi quelli di Nahal Oz e «sulle circostanze precedenti».
«Siamo andati a dormire il 6 ottobre pensando che ci fosse un gatto laggiù e ci siamo svegliati il 7 che c’era una tigre», ha detto il generale Ziv alla Bbc. «Non si muoveva niente e questo ci preoccupava – ha aggiunto un soldato di fanteria di stanza alla base –. Tutti sentivano che qualcosa era strano. Che non aveva senso».
Tutti i movimenti di Hamas precedenti l’inizio del lancio dei razzi, alle 6,20 del mattino, sono stati interpretati come routine. È stato verso le 06,30 che le forze di Hamas sono state avvistate in avvicinamento. A quel punto, la situazione è precipitata.
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La recinzione si è rivelata tutt’altro che impenetrabile. I palestinesi armati hanno sparato alle telecamere di sorveglianza rendendo cieca la sala di guerra della base, detta Hamal, dove le sentinelle lavoravano su turni per coprire le 24 ore osservando Gaza. Anche il pallone spia di Nahal Oz, che avrebbe dovuto offrire una visuale più approfondita di Gaza, quel giorno non funzionava. Quando l’elettricità è stata tagliata da Hamas, la sala di guerra è rimasta vulnerabile. Così tutti i soldati nella base. I miliziani hanno iniziato a sparare e a lanciare granate. Un filmato mostra le soldate che vengono trascinate in un veicolo e rapite.
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Anche se alla fine del 7 ottobre, l’esercito ha ripreso il controllo, la base di Nahal Oz resterà nella storia uno dei simboli del più grande fallimento dell’esercito israeliano. Ai sopravvissuti e alle famiglie di coloro che sono stati uccisi e rapiti, scrive la Bbc, rimangono domande senza risposta su come sia potuto andare così male.