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«Sono ancora sotto choc, ma voglio rivedere Martina».
Oliver, 21 anni, studente norvegese e commesso allo store di Smak Av Italia nell’esclusivo quartiere di Vulkan, a Oslo, si è presentato ieri nel reparto di rianimazione dell’ospedale, e ha chiesto il permesso a papà Carlo Voce e allo zio Antonio di vedere e riabbracciare la sua amica, la ragazza accoltellata a venerdì nel negozio di eccellenze alimentari italiane.
«Gli abbiamo detto che per noi era un eroe, che aveva salvato la vita alla nostra Martina - racconta Antonio Voce -. Se non era per lui, per il suo intervento, eravamo qui a piangere la sua perdita. Oliver si è limitato a un sorriso, era contento di averla salvata, ci ha abbracciato tra le lacrime. Era con il padre, è un ragazzo serio, taciturno. Aveva ferite alle mani, lo hanno curato in questo ospedale, evidentemente ha strappato il coltello dalle mani di Kumar e poi l’ha accoltellato, bloccando la sua furia omicida».
Quando Oliver è entrato nella stanza di Martina, le ha abbracciato forte i piedi e ha pianto di nuovo. La ragazza era appena uscita dalla quinta operazione. Ieri è stata operata all’orecchio sinistro, colpito dalla prima coltellata di Kumar. Poi alle mani, per provare a ricucire i tagli profondi riportati nell’aggressione. «Il padre di Oliver è rimasto in silenzio - continua Antonio Voce - mentre il ragazzo era visibilmente sotto choc. È comprensibile, è intervenuto per difendere Martina, è riuscito a togliere il coltello a Kumar e a sferrargli il colpo che ha fermato l’aggressore, ora in coma farmacologico, nel reparto di rianimazione a poca distanza da Martina. Per Oliver, che ha solo 21 anni, non è facile prendere coscienza di aver quasi ucciso quel giovane».
Quando la polizia norvegese è entrata nello store Smak Av Italia, venerdì prima delle 13, ha fermato anche Oliver, che aveva il coltello in mano. E l’ha portato in ospedale, assieme a Martina e a Kumar Mohit Verma, l’ex fidanzato della ragazza fiorentina che l’ha aggredita con ferocia inaudita, con l’intenzione di ucciderla. Poi Oliver è stato rilasciato, perché «ha agito in una situazione d’emergenza».
Il giovane norvegese, assieme a un commesso italiano e alla dipendente che ha urlato, tentando di richiamare l’attenzione e fermare l’aggressore, sono stati definiti eroici anche dall’ad di Smak Av Italia, la catena per cui Martina lavorava come store manager. «Senza di loro - ha detto Cristiano Comelli - Martina sarebbe morta».
«I medici hanno detto che la terranno tranquilla per due giorni - prosegue lo zio -, la prossima operazione è fissata per giovedì. Hanno verificato di nuovo le sue reazioni cerebrali, svegliandola. Martina si è messa le mani davanti alla faccia, reazione evidente per lo choc dell’aggressione. Oggi sono arrivate anche la madre e la sorellina Luna. Che le ha fatto un disegno, appeso in camera: ci sono lei, Martina, il babbo, la mamma e la tata. Tutta la famiglia che aspetta il suo risveglio».
Parallelamente proseguono le indagini di polizia e inquirenti norvegesi. «Ho la sensazione che per loro, come per i medici dell’ospedale - è la tesi di Antonio Voce - l’aggressione a Martina sia una sorta di ferita sociale. Oslo è una città sicura, a basso tasso di criminalità. Stamattina io e mio fratello siamo stati dall’investigatore che segue l’inchiesta. Ci ha rivelato che Kumar non era sotto effetto di alcol o stupefacenti, era entrato nel negozio per fare del male a Martina. Appena l’ha vista le ha sferrato una coltellata all’altezza dell’orecchio, che le ha sfiorato la carotide».
Nessuna videocamera ha ripreso l’aggressione, «ma io ho visto le foto del negozio, c’è sangue dappertutto. I poliziotti chiedono il riserbo assoluto sulle indagini, quattro agenti piantonano la camera di Kumar. E i medici non danno nemmeno ai poliziotti informazioni sulla prognosi di Kumar».
Ancora: «Lui era venuto in Italia tante volte, mio fratello lo ha visto a Oslo anche a novembre. È un informatico di 24 anni che lavora per un importante studio legale. Con Martina e mio fratello sono andati in giro in Italia, è stato a casa mia a pranzo e cena diverse volte. Nulla faceva presagire questa volontà di uccidere. Dopo la rottura della relazione ad agosto, era diventato ossessivo, con messaggi e telefonate. Martina non voleva denunciarlo, non avrebbe più trovato lavoro in Norvegia, qui sono severi con gli stalker. Certamente non pensava potesse arrivare a tanto».