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ROMA. La sconfitta di Beppe Grillo è arrivata. L’elevato è fuori dal Movimento 5 stelle. Ieri sera la seconda consultazione online ha sancito l’abolizione della figura del garante dal punto di vista statutario con il l’80,56% dei voti a favore.
Il numero importante è il quorum (raggiunto con il 64,9), che è stato raggiunto grazie ai 58.029 iscritti che hanno espresso la loro preferenza sugli 89 mila aventi diritto. La soglia dei partecipanti è stata pari al 64,4%, superiore alla prima tornata. «Abbiamo risposto alla richiesta di rivotare con più democrazia. Questa è l’onda dirompente della nostra comunità, ora si volta pagina, il M5S si rifonda, abbiamo tante battaglie da fare per cambiare il Paese», commenta Giuseppe Conte.
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Grillo era già stato «defenestrato» – per dirla con Conte – con la consultazione svolta tra il 21 e il 24 novembre che aveva segnato l’espulsione del fondatore con il 63% dei favorevoli (con un quorum del 61,2%). Da statuto del M5s, però, il comico genovese ha avuto la possibilità di chiedere una votazione bis che è terminata ieri sera alle 22, dopo quattro giorni di urne online. La speranza di Grillo era quella di riuscire a tenersi il Movimento se la seconda votazione non avesse raggiunto il quorum, la soglia delle 45 mila preferenze necessarie all’ex premier per vincere. Perciò il fondatore nei giorni scorsi aveva invitato gli aventi diritto «ad andare per funghi», pur non nutrendo grandi aspettative sul sistema di voto, oltre ai dubbi sulla platea dei votanti che secondo Grillo è stata modificata nell’ultimo anno per assicurare il sostegno all’ex premier.
Ora che la telenovela a 5 stelle è finita cosa succede? Conte è sicuro che non ci sarà una scissione, o perlomeno non sarà traumatica perché l’ormai ex «garante non riconosce più la comunità», ed è convinto che Grillo non abbia altre carte da giocare sotto il profilo legale. «Abbiamo fatto una proposta politica, Grillo si è tirato fuori ed è rimasto al sarcasmo, con battute fuori tempo e di pessimo gusto», afferma al Tg3 il deputato pentastellato Riccardo Ricciardi. All’avvocato pugliese non resta che ancorare il Movimento nel campo del centrosinistra, sia in Italia sia in Europa. Tuttavia, secondo Conte questo non significa allearsi stabilmente con il Partito democratico. «Se si votasse oggi andremmo da soli alle elezioni», ha detto nei giorni scorsi. Una dichiarazione che sembra dettata più dalla tattica che dalla concretezza perché l’unico modo per superare il centrodestra alle prossime politiche è creare una larga coalizione che guardi pure al centro.
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Grillo, da parte sua, pensa di poter rivendicare la proprietà del simbolo, e se davvero crede che «l’humus» delle origini ci sia ancora potrebbe lanciarsi in una nuova avventura, ma senza l’aiuto di Virginia Raggi e Alessandro Di Battista che si sono chiamati fuori. Degli ex big pentastellati, l’unico ad aver preso le parti pubblicamente del comico genovese è Danilo Toninelli. Di Vito Crimi è stato lo stesso Grillo a dire cripticamente che è «nel bosco».
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Agli esponenti 5 stelle che esultano per la definitiva cacciata del fondatore si rivolge il capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri con una provocazione: «Il sondaggio dà il risultato che serve alla nomenclatura grillina, sempre più povera di voti ma desiderosa di prebende. Grillo sconfitto, ma i numeri erano già stati definiti mentre i gonzi credono che ci sia stato un vero sondaggio telematico». Per Gasparri «ha vinto il plurimandato, lo stipendio a vita per i vari Taverna e Fico. C’è chi sta a lungo in Parlamento grazie al consenso dei cittadini e chi ci vuole tornare non avendo né arte né parte e non sapendo dove andare a sbarcare il lunario». Considerazioni a cui risponde Agostino Santillo, vicepresidente del gruppo M5S a Montecitorio: «Gasparri è al nono mandato e non ha mai lavorato». La senatrice Elisa Pirro rincara: «Non prendiamo lezioni di democrazia da lui». —
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