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Il patron di Meta sceglie dunque di seguire le orme di Twitter, o X che dir si voglia, di Elon Musk

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Si sta molto discutendo in questi giorni della decisione di Mark Zuckerberg, il patron di Facebook e di Meta, di porre fine al demenziale, non saprei definirlo altrimenti, sistema del cosiddetto fact-checking, nome pudico, rigorosamente in lingua inglese, per non dire direttamente censura. Il patron di Meta sceglie dunque di seguire le orme di Twitter, o X che dir si voglia, di Elon Musk, rete sociale sulla quale, come è noto, non esiste di fatto la censura ed è ancora possibile parlare liberamente. Che cosa ha indotto in concreto Mark Zuckerberg a prendere questa decisione e a cambiare traiettoria? Credo che siano possibili due interpretazioni, non necessariamente alternative tra loro.

In primo luogo, il modello della libera espressione di Twitter premia, laddove quello con censura di Facebook evidentemente alla lunga non dà buoni risultati in termini di utenze. La censura, diciamolo apertamente, generalmente non piace e non stupisce dunque che le persone preferiscano utilizzare Twitter rispetto a Facebook. Elon Musk, per parte sua, è stato, in qualche modo, diretto nel commentare la notizia, cantando vittoria.

Zuckerberg deve essersene accorto e su queste basi deve aver scelto, meglio tardi che mai, di cambiare direzione seguendo le orme di X. In secondo luogo, a determinare la scelta di Mark Zuckerberg può essere stata anche l’elezione di Donald Trump, il codino biondo che fa impazzire il mondo. In passato, Zuckerberg aveva candidamente ammesso di aver eseguito gli ordini di Biden e della Casa Bianca in tema di censura relativa all’emergenza epidemica.

Come noto, al tempo dell’emergenza bastava sostenere una tesi vagamente dissonante dall’ordine simbolico-egemonico per venire bannati dalla rete sociale. Ebbene, adesso il vento è cambiato e Zuckerberg si adegua. Sia quel che sia, non possiamo non rilevare come il sistema del fact-checking sia stolto e pericoloso.

Infatti, finisce puntualmente per censurare come fake news o come violazione delle norme della community ogni interpretazione non aderente all’ordine simbolico dominante, facendo appunto trionfare la censura. Tanto più che, come non ci stanchiamo di sottolineare ad nauseam, le idee false si combattono con le idee vere, non certo con la censura, che è una pratica palesemente liberticida e propria di regimi che democratici non sono. Si potrebbe anzi dire, come più volte abbiamo evidenziato, che il fact-checking rappresenta il ritorno della censura nell’epoca post-moderna.

Che cos’è una fake news? Chi può decidere quale sia una fake news e quale no? Evidentemente dire che la Terra è piatta o che 2 più 2 fa 5 è una fake news, d’accordo. Ma bisogna eliminare il commento di chi lo dice o non bisogna invece mostrare socraticamente la falsità degli asserti in questione? E poi capite bene che il tema delle fake news diventa decisamente più scivoloso quando si parla di interpretazioni del mondo. Come si fa ad esempio a dire che la globalizzazione neoliberale non può essere definita malvagia e degna di essere trasformata? Come si fa a dire che è una fake news? E ancora, come si fa a dire che è una fake news il fatto che la gestione dell’emergenza epidemica sia stata Un grande laboratorio biopolitico come noi stessi abbiamo affermato? Con tutta evidenza il sistema di fact-checking è demenziale e forse, meglio tardi che mai, se n’è accorto perfino Mark Zuckerberg.

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