ARTICLE AD BOX
MILWAUKEE. Il sogno di Lara Yunaska, 41 anni, nata a Wrightsville Beach in North Carolina era quello di diventare una conduttrice di programmi sportivi. Faceva la modella e partecipava a sfilate e concorsi in bikini mentre era studente di comunicazioni alla North Carolina University. Una sera di marzo del 2008 in un locale di New York – città dove si era trasferita per partecipare a un corso di pasticceria, al French Culinary Institute – incontrò un uomo. «Era più alto di me quando portavo i tacchi 12», ha raccontato al Washington Post. E ai suoi occhi era evidentemente un buon punto di partenza. Quell’uomo si chiamava Eric Trump.
Da aspirante pasticcera-giornalista sportiva-modella, Lara si è trovata catapultata in un modo tanto diverso dal suo, nata nel sud degli Stati Uniti da una famiglia conservatrice, ma dalla evanescente passione politica. Poi appartamento con vista su Central Park, weekend al resort di golf in New Jersey e stile di vita confacente ai rampolli della New York ultraricca. È in quel periodo che la ex cheerleader ha iniziato a permettersi scarpe Loubutin tacco 12 che non molla mai.

Sposando Eric nel 2014 è entrata a far parte in una famiglia da copertina e da tabloid (Donald Trump e Ivanka hanno fatto le fortune di Page Six del New York Post, la più celebre pagina di gossip della nazione) con l’angoscia di voler essere o apparire perfetta come Ivanka – «una delle persone più intelligenti mai incontrata» – e come Melania.
Nel mondo di Trump che ha trasformato la Convention di Milwaukee in una riunione allargata di famiglia cui partecipano amici incapaci di dissentire, Lara è sia il volto del brand più famoso al mondo sia la sostanza di un impegno politico che la vede in prima linea da anni.

Donald – che lei chiama sempre «mio suocero» e l’avrà citato almeno dieci volte così nel discorso che ha tenuto davanti ai delegati martedì sera – la adora. Era visibilmente compiaciuto e ha sorriso quando Lara si è permessa sin di imitarne la voce facendogli il verso strappando risate e applausi al pubblico. È stata lei a vedere, prima di tutti in famiglia, Donald cadere e rialzarsi colpito dallo sparatore a Butler. «Ho spento subito la tv, non volevo che i miei bambini avessero del nonno quell’immagine».
Il tycoon scoprì le sue doti politiche quasi per sbaglio nel 2016. Era sul suo aereo, in sottofondo c’era un programma politico sulla Fox. Lo stava guardava distrattamente quando sentì qualcosa che attirò la sua attenzione. Si destò, «quella è mia nuora». La chiamò appena arrivata e la arruolò: «Mi devi aiutare a vincere in Nord Carolina». Lara aveva passione, ma zero esperienza politica, rivoltò la campagna, si mise a costruire una rete di donatori e volontari e la missione fu un successo. Da allora è sempre stata la «mente politica», un passo indietro nel primo mandato di Donald dove brillava la coppia di consiglieri Ivanka-Jared. Ora sotto i riflettori, per ruolo, status e cognome. Solo Trump, non certo Yunaska, ma nemmeno solo la moglie di Eric.
Lara è una macchina per la raccolta fondi, gira il Paese in lungo e in largo ospite dei comitati locali e a Milwaukee martedì si è concessa una passerella, vestito granata e scarpe beige, davanti al Fiserv Forum fra selfie, strette di mano e sorrisi.
In un incontro con gli elettori della Macomb County, California, a fine giugno disse parlando delle prossime elezioni: «Non è una scelta fra repubblicani e democratici, ma fra bene e male». Tosta, diretta, capace di muoversi con disinvoltura fra le rugosità del linguaggio Maga e fra uno più pulito e meno divisivo. Anche lei dopo l’attentato di sabato ha rivisto il discorso, limato le espressioni più forti si dice, e imbottito di ringraziamenti a Dio per aver salvato «mio suocero che si è davvero sacrificato per la famiglia e per il Paese».
Da marzo è co-chair del Partito repubblicano (Rnc) e ha portato nelle casse del partito 280 milioni di dollari. Ruolo oscuro, nessuno, nemmeno i “nerd” della politica statunitense, saprebbero fornire un nome di chi ha ricoperto lo stesso incarico in passato, ma tutti conoscono Lara la «prescelta». «Vorrei che tu guidassi il Partito, certo solo se lo vuoi anche tu», le disse Donald lo scorso inverno.
Così è capitato. Via la vecchia leadership bramosa di chiudere il capitolo della narrazione delle elezioni rubate e concentrata più sulle sfide per il Congresso, e dentro Lara Trump. Ha mobilitato 100 mila persone che monitoreranno la regolarità del voto, e ha trasformato l’Rnc in un’appendice della campagna del suocero Donald. Si disse che l’Opa sul Partito era finalizzata a prendere i soldi per pagare le spese legali del tycoon. La campagna ha smentito. Ma ormai è tutto una questione di famiglia.