Come già tre settimane or sono al funerale di papa Francesco, anche domani ci sarà il mondo alla messa di inizio pontificato di Leone XIV in Piazza San Pietro, con 156 delegazioni ufficiali costellate di capi di Stato e di governo, sovrani regnanti e principi ereditari.
E come in quell'occasione l'immagine che fece il giro del mondo fu il faccia a faccia nella Basilica vaticana di Donald Trump e Volodymyr Zelensky, anche stavolta Oltretevere si coltiva la speranza che eventuali incontri fra capi-delegazione possano servire a far fare passi avanti alla pace. E c'è tutta l'intenzione di facilitarli. La contemporanea presenza, domani, del vice presidente J.D. Vance a capo della rappresentanza Usa e di Zelensky offre la possibilità, non solo di un "secondo round" dell'iconico colloquio con Trump del 26 aprile nello scenario di San Pietro, ma anche di un'integrazione e sviluppo del deludente vertice in Turchia, disertato da Vladimir Putin e che lo stesso segretario di Stato vaticano Pietro Parolin ha definito dall'esito "tragico". In sostanza un'occasione persa. E sempre Parolin, per quanto riguarda l'Ucraina, non ha mancato in questi giorni di ribadire la volontà di "mettere a disposizione il Vaticano" per incontri diretti tra le parti, o comunque per momenti facilitatori di negoziati.
E domani potrebbe esserci l'occasione, con una diplomazia vaticana sempre pronta a fare la sua parte. D'altronde, tra i presupposti espressi da Papa Leone in questo suo avvio di pontificato, spiccano quelli della pace, del dialogo, del "costruire ponti". "Farò ogni sforzo per la pace. Dialoghiamo, negoziamo: la guerra non è mai inevitabile", ha detto due giorni fa incontrando in Sala Nervi i rappresentanti delle Chiese orientali. Il Vaticano, vista domani l'assenza di Trump, non ha nascosto che si stesse lavorando a un faccia a faccia tra il Pontefice e il vice presidente cattolico J.D. Vance. Il Segretario di Stato Marco Rubio, prima di un incontro con il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, si è detto grato alla Santa Sede "per gli sforzi di lunga data sugli scambi di prigionieri e l'impegno nell'aiutare i bimbi ucraini a tornare a casa".
Riguardo a Zelensky, anche da Kiev si è per ora più abbottonati su eventuali preparativi. Ma il presidente ucraino, a margine della messa, sarebbe disponibile incontrare "ogni altro leader mondiale" presente per tenere "colloqui", ha riferito il capo dell'ufficio presidenziale Andriy Yermak. Le condizioni per discutere, dunque ci sono, per quanto a rappresentare la Russia, come già avvenuto per i funerali di Francesco, ci sia solo la ministra della Cultura Olga Liubimova. Alla grande messa inaugurale di domani sono attesi 250 mila fedeli. La delegazione italiana vedrà nella prima fila il presidente Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni. Accanto siederanno le delegazioni peruviana e statunitense, le due nazioni di cui Robert Francis Prevost ha la cittadinanza. La celebrazione, con la quale il Papa eletto inizia ufficialmente il suo ministero, sottolinea in particolare la dimensione "petrina" di Pastore della Chiesa cattolica. Tra i momenti particolari della complessa liturgia, il "rito dell'obbedienza": domani ci sarà anche una suora superiora, Sr. Oonah O'Shea, eletta appena tre giorni fa nuova presidente dell'Unione internazionale delle Superiore generali, tra i 12 rappresentanti del popolo di Dio che professeranno l'"obbedienza" al nuovo Papa.
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