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Chi si diletta con l’arte di camminare è in confidenza con la virtù della pazienza, la tenacia e la curiosità. È un assunto che vale per i praticanti e, a maggior ragione, per quanti progettano gli itinerari di domani. Il proposito di unire le Residenze Reali Sabaude attraverso una rete pedonale che irradia da Torino e solca buona parte del Piemonte, dalle Langhe al Monferrato, parte da lontano.
Correva l’anno 2017 quando tenemmo alla Venaria Reale le prime riunioni dedicate al progetto. Venne stabilito da subito che l’operazione si sarebbe articolata, convenientemente, per tappe. Il primo passo - ecco il ruolo insostituibile della curiosità - riguardò la conoscenza delle Residenze stesse e del loro enorme patrimonio culturale. Vennero visitate una dopo l’altra nel giro di una settimana, al ritmo di due al giorno, con l’insostituibile apporto di direttrici e direttori che si prestarono a fare da guide e impagabili narratori; ogni viaggio nello spazio è anche un viaggio nel tempo, ed è stato decisivo mettere a fuoco le figure di conti, duchi e monarchi che nelle Residenze erano, letteralmente, di casa. Se la cultura nozionistica ha scarso mordente, non c’è chi non resti affascinato dall’immergersi nelle vicende personali, e in questo senso la dinastia sabauda, con la sua storia millenaria, è un serbatoio di storie perfette per accompagnare il cammino: i tradimenti boccacceschi di Vittorio Amedeo II ai danni della legittima sposa, o il suo rapporto conflittuale con l’erede, tanto per citare un esempio illustre, non figurano che lateralmente nei libri di Storia moderna, ma narrati mentre si cammina nelle sale della Venaria o all’interno del suo maestoso parco diventano indimenticabili.
Lo stesso si può dire delle sfide dell’architetto Juvarra ai colleghi - in questo «l’inventore della luce» ebbe un degno erede nell’Antonelli - relative alla statica degli edifici. O, ancora, della visita a Racconigi dello Zar di tutte le Russie, gradito ospite di Vittorio Emanuele III e famiglia, con la ferrovia vegliata da un servizio d’ordine senza precedenti per tema di attentati.
Per il sottoscritto, incaricato di testare sul campo la fattibilità del percorso, venne poi il momento di censire le infrastrutture presenti sul territorio: sentieri già segnati, argini, viottoli di campagna e strade secondarie in grado di essere percorsi in sicurezza. Gps e mappe elettroniche rendono questo tipo di lavoro agevole rispetto a qualche anno fa, ma in nessun modo possono sostituire l’esperienza sul campo. In questo senso - e qui veniamo alla tenacia - nel corso della primavera 2018 si sono percorsi un passo alla volta, nel corso di dieci giorni zaino in spalla, oltre 300 chilometri. Tale distanza corrisponde alla somma dei tratti che insistono sul centro storico di Torino, di quelli che dal cuore della città conducono alla «corona di delizie», al circuito della «corona» stessa e alle due diramazioni che conducono ad Asti (la stazione ferroviaria più pratica per chi raggiunge Govone) ed Ivrea (scalo di riferimento per chi da Torino si spinge ad Agliè). Si è camminato per i sentieri della Mandria e quelli della Collina, lungo l’argine del Sangone e del Tanaro, si sono rimpiante passerelle pedonali non più esistenti e si è fatto festa nello scovare sentieri perfettamente percorribili che non figuravano sulle mappe online.
Il viaggio aveva fin da subito la dimensione sperimentale della ricognizione. La posa di segnavia o altre indicazioni era - e per certi versi è ancora - prematura, l’obiettivo era semplicemente quello di determinare la fattibilità del cammino; grazie alla cortesia dei volontari che mi hanno scortato in quei giorni, chi per una sola tappa e chi per più giorni, l’esperimento è stato coronato dal successo. I frutti di quell’esperienza furono una dettagliata relazione ad uso interno e un volume, La via dei Re, che ripercorre in forma narrativa quei giorni speciali a spasso nella Storia. Vivere in cammino significa innamorarsi un passo alla volta di un territorio, ma anche, naturalmente, misurarsi con le umane esigenze del dissetarsi, sfamarsi e trovare alloggio per la notte. Anche i più ascetici, dopo un giorno intero di marcia, hanno voglia di mangiare e bere a sazietà.
L’attenzione all’aspetto enogastronomico, comune a tutti gli itinerari, dal Cammino di Santiago alle Alte Vie alpine - si eleva nel cuore del Piemonte ad arte, e su questo aspetto c’è ben poco da aggiungere: come si suol dire, si casca in piedi. Più critica, semmai, è in alcune aree la questione dell’alloggio, così come quella di singoli tratti in cui andranno predisposte alternative all’asfalto. Un cammino non è una linea su una mappa, ma un organismo vivente, che si nutre del passaggio fisico delle persone e delle loro preziose indicazioni. Resta ancora tanto da fare perché La via dei Re raggiunga gli standard dei cammini più celebrati a livello internazionale, ma come detto la pazienza è condizione necessaria per trasformare un’avventura personale in un’infrastruttura permanente a disposizione di tutti.
L’ottima notizia è che, dopo la progettazione e il cammino pionieristico, siamo entrati in una terza fase: sin da ora, infatti, diverse tappe da un giorno sono percorribili in larga compagnia nel corso delle Camminate Reali. L’iniziativa, organizzata dal Consorzio, è stata varata l’anno scorso e, visto l’enorme gradimento, torna nel 2024 con quattro appuntamenti. La prima sarà domenica, da Palazzo Reale a Torino alla Palazzina di caccia di Stupinigi, e le iscrizioni sono aperte alla pagina web (www.camminatereali.it).