Ad Harvard "la situazione è critica" dopo il blocco agli studenti stranieri annunciato da Trump: "Nessuno sa più cosa aspettarsi, ogni giorno c'è una novità, e ora molti laboratori di ricerca sono a rischio". Lo racconta all'ANSA Michele Berselli, bioinformatico modenese di 36 anni che lavora nel prestigioso ateneo statunitense dal 2019.
"Per fortuna la mia posizione al momento non è a rischio, perché sono inquadrato come ricercatore strutturato e ho un visto H-1B. Ma la maggior parte dei ricercatori internazionali ad Harvard ha un visto J-1 come Exchange Visitor, anche io lo avevo quando sono arrivato, e sembra che anche questi visti verranno bloccati", dice Berselli. "Se fosse confermato, nel mio laboratorio una dozzina di persone rischierebbe l'allontanamento, praticamente la metà della forza lavoro. In altri laboratori la situazione potrebbe essere ancora peggiore. Oggi ci saranno i primi lab meeting per capire cosa potrà accadere".
Nessuno si aspettava un giro di vite così forte da parte dell'amministrazione Trump, anche se i rapporti con Harvard nelle ultime settimane si erano fatti molto complicati con ripercussioni anche sulla ricerca. "Il mio laboratorio - afferma Berselli - partecipa a un ampio consorzio di ricerca che lavora a uno dei più grandi progetti finanziati dagli Nih: noi siamo il centro di analisi dei dati, ci occupiamo in pratica di sviluppare software, algoritmi e infrastrutture per consentire il processamento di grandi quantità di dati frutto del sequenziamento genetico fatto in altri centri di ricerca. Quando Trump ha bloccato i fondi ad Harvard, il nostro laboratorio non ha più ricevuto finanziamenti: per il momento l'università sta cercando di compensare i tagli, ma non potrà sostenere la situazione a lungo. Se il nostro laboratorio smettesse di funzionare, si bloccherebbe l'intero consorzio".
La situazione è confusa, ma è probabile che nel campus di Harvard non ci sarà grande agitazione nelle prossime ore. "Qui l'anno accademico è praticamente finito e molti studenti sono già tornati a casa", precisa Berselli. Di certo molti staranno pensando a come riprogrammare il proprio futuro, "magari valutando altre università statunitensi che avevano scartato in favore di Harvard", ipotizza il ricercatore italiano.
Dal canto suo, Berselli non ha ancora le idee chiare. "Per quanto mi riguarda, tutte le opzioni sono sul tavolo: ho fatto richiesta per la Green Card, perché vorrei restare negli Usa, ma non nego che mi piacerebbe tornare in Italia. Ci sono molti italiani che sarebbero disposti a rientrare, anche a fronte di uno stipendio più basso, ma nell'università italiana mancano le forme contrattuali per una posizione stabile, specie per le figure più tecniche come la mia. Ci vorrebbe un segnale forte da parte del Governo".
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