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L’Agi e la dote milionaria del governo ad Angelucci

9 mesi fa 9
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Se Antonio Angelucci comprerà l’Agi non si prenderà solo la seconda agenzia italiana, di proprietà dell’Eni, controllata dal ministero dell’Economia. L’imprenditore e deputato della Lega, dal governo di destra che lui sostiene in Parlamento e attraverso i suoi giornali, non acquisirà solo le strutture, i giornalisti, le competenze. Ma anche gli abbonati, i clienti, le cosiddette provvidenze. Una dote ricchissima che solo sul piano delle finanze pubbliche vale circa 15 milioni di euro. Vediamo perché.

Angelucci ed Eni sono ormai alle fasi finali della due diligence. Forse già la prossima settimana potrebbe arrivare l’annuncio che l’affare è stato concluso. Stando alle cifre che circolano da giorni, e che trovano conferma da fonti vicine all’imprenditore privato, i suoi emissari avrebbero trovato una bella sorpresa nei bilanci dell’Agi. Circa 5 milioni di euro verrebbero garantiti dal bando di governo previsto per le agenzie, così suddivisi: poco più di 3 milioni di euro dalla presidenza del Consiglio, e 1,5 milioni di euro dal ministero degli Esteri. A questi vanno aggiunti poco meno di 10 milioni di euro che arrivano direttamente dalla proprietà, cioè da Eni, per la mole di servizi editoriali offerti alla multinazionale. Una clientela che, secondo gli accordi, resterebbe agganciata ad Agi anche con il passaggio ad Angelucci. Ogni calcolo va ovviamente tarato su variabili di imprevedibilità, perché non è detto che Eni, nel futuro anche più prossimo, non voglia diminuire le spese. Come non si sa, con il passaggio a un privato così marcato politicamente, cosa accadrà agli altri 4-5 milioni di euro che sono garantiti da contratti firmati con enti, pubblica amministrazione di livello minore e giornali (tra cui questo).

Si tratta comunque di un tesoretto significativo, che rende molto appetibile l’acquisto. Tanto più se è vero, come anticipato da alcuni organi di stampa, che Eni nel pacchetto offre la certezza di 4,5 milioni di euro in tre anni di pubblicità sulle testate della galassia Angelucci. Se c’è una specialità in cui è campione l’imprenditore con un impero personale nella sanità privata è fare i giornali con i contributi pubblici. Solo Libero, il quotidiano della triade di destra che edita assieme a Il Giornale e Il Tempo, nel 2021 ha ricevuto 3,9 milioni di euro, qualcosa di meno nell’ultimo anno. Editoria di Stato, si direbbe, che con la vendita di Agi potrebbe fare un salto di livello, tornando comodo a Giorgia Meloni.

Una triangolazione di finanziamenti che inquieta il mondo politico e su cui il leader di Alleanza Verdi Sinistra Nicola Fratoianni è pronto a presentare un’interrogazione al governo: «Se tutto venisse confermato saremmo di fronte al più clamoroso caso in Europa di conflitto di interesse e di regalie per motivi politici». Riassumendo: Eni, una multinazionale a controllo pubblico, partecipata dal Mef, si libererebbe della seconda agenzia di stampa, di sua proprietà dal 1965, per cederla a un parlamentare del centrodestra che è già padrone di una concentrazione editoriale della stessa area politica. Con un benefit ulteriore: perché riceverebbe il tutto coperto di soldi pubblici.

La questione è molto delicata. E anche per questo motivo l’umore tra i giornalisti è nero. Ieri si è rivista la direttrice, Rita Lofano, fedelissima di Mario Sechi, ex direttore dell’Agi, ex portavoce di Meloni e attuale direttore di, il mediatore di fatto della compravendita. Lofano è rimasta silente nonostante sia stata nuovamente sollecitata a prendere una posizione a favore dei dipendenti dalla segretaria della Federazione nazionale della Stampa Alessandra Costante. Sulla carta restano quattro giorni sciopero, ma le speranze della redazione sono rivolte al Quirinale.

Le preoccupazioni sono state fatte arrivare al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, impegnato in questi giorni in Africa dove tra l’altro ha visitato alcuni progetti dell’Eni. Il Colle conferma che l’attenzione sull’acquisizione è massima, un’interlocuzione con alcuni rappresentanti della redazione c’è e il Capo dello Stato ha chiesto di restare continuamente aggiornato. Non è escluso che a Mattarella possa arrivare una richiesta di incontro o un appello più formale da parte dei giornalisti, anche se c’è la consapevolezza che un intervento diretto del Colle sia molto complicato, nonostante la libertà di stampa – sottolineano fonti del Quirinale – sia un valore costituzionale che il presidente, garante supremo della Carta, non si stanca mai di difendere.

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