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L'arrivo di Trump e l'Europa ferma nel porto delle nebbie

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Mario Sechi 14 gennaio 2025

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Mancano sei giorni all’insediamento di Donald Trump, il 47esimo presidente degli Stati Uniti, i mercati sono sempre un buon indicatore di quello che sta succedendo, che cosa segnalano? L’incertezza, nella giornata di ieri abbiamo visto il Nasdaq in rosso, il rendimento dei titoli di Stato americani decollare, il petrolio guadagnare. Tutti gli investitori stanno cercando di leggere una mappa del domani che ancora non c’è, ma mostra un orizzonte completamente ridisegnato. L’Europa sulla carta geografica appare stretta tra il dragone cinese e l’aquila americana, l’Italia prolungata nel Mediterraneo storicamente si legge come un dominio incastonato nella complessità, tra il Medio Oriente e l’Indo-Pacifico.

Le mosse di Trump avranno un impatto sulla nostra vita, così come la reazione degli altri Stati, è ripartito lo scontro tra le grandi potenze. Ne avremo una prova nel discorso dell’Inauguration Day, ma alcune anticipazioni le abbiamo già squadernate: quando Donald Trump dice di voler annettere la Groenlandia e il Canale di Panama, sta puntando il cannocchiale dell’America su due passaggi marittimi, quello a Nord che apre l’Atlantico al Pacifico (in futuro potrebbe essere permanente e non più chiuso periodicamente dai ghiacci) è quello che rende possibile il passaggio da Est a Ovest nella grande via di comunicazione aperta proprio dagli americani. A questo bisogna aggiungere l’idea di annullare i confini del Canada per (ri)costruire un Grande Nord America. Se solleviamo lo sguardo, l’altro pezzo logico di questo risiko è l’isola d’Inghilterra, mentre sul Pacifico l’anello di congiunzione si allunga fino all’Australia e alla Nuova Zelanda. Fatti i conti, questa “America espansa” corrisponde esattamente ai “Five Eyes”, l’alleanza strategica dei “cinque occhi”, che riunisce la difesa e le agenzie di intelligence degli Stati che ho appena elencato.

Trump non è un pazzo, come viene dipinto dai media che sembrano incapaci di cogliere i bagliori della storia, ha un disegno dettato dalla contemporaneità e dalla tradizione degli Stati Uniti. I suoi consiglieri hanno in mente un mondo iper-polarizzato, dove si ricompongono blocchi guidati da super potenze che si preparano a controllare le rispettive sfere d’influenza. Come sempre la letteratura anticipa gli scenari, Orwell tutto questo lo aveva pre-visto e reso materiale da romanzo in 1984, un mondo distopico diviso tra tre superpotenze. Continuiamo il nostro viaggio, osserviamo le mosse dell’Impero Celeste, la Cina, la tela di ragno di Pechino oggi avvolge la Russia di Vladimir Putin grazie al gasdotto “Forza della Siberia”, è la nuova mappa energetica mondiale, il matrimonio tra Mosca e Pechino naturalmente non è indissolubile (i mongoli furono gli unici a dominare sui russi e non hanno lasciato un buon ricordo), ma è un fatto strutturale che durerà decenni. Le rotte energetiche mondiali hanno bisogno del controllo del mare, la vera potenza è quella marittima, là navigano le petroliere e le gasiere americane, oggi sono queste le truppe dalle quali dipende l’Europa dopo aver chiuso il rubinetto del gas di Mosca. Quanto alla Groenlandia, il suo controllo corrisponde non solo a un’esigenza di trasporto e difesa, ma costituisce una futura riserva di materie prime, il carburante della tecnologia e dell’industria. Tra pochi giorni “America First” risuonerà a Capitol Hill e questo disegno strategico comincerà a emergere come il sommergibile del comandante Marko Ramius in “Caccia a Ottobre Rosso”. Dov’è l’Europa? È ferma, nel porto delle nebbie.

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