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L’incubo della questione morale

9 mesi fa 7
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È forse arrivato il momento, per il centrosinistra, di abbandonare l’aritmetica e di tornare alla politica. È vero che le ultime elezioni e i sondaggi sul futuro dimostrano che se il fronte dell’opposizione non si unisce, battere la destra di governo sarà a lungo impossibile. Ma è anche vero, ed è ora di ammetterlo con nettezza, che per questa fantomatica unione non è stata posta alcuna base.

All’ottimismo della volontà di Elly Schlein corrisponde il pessimismo della ragione di Giuseppe Conte. Che segue una sua strategia del tutto alternativa a quella della segretaria del Pd, e lo strappo sulle primarie di Bari è solo l’ultima delle dimostrazioni. Il presidente dei 5 stelle sembra vivere nell’attesa di occasioni che dimostrino l’impossibilità – per il Movimento e il Partito democratico – di essere avvinghiati in un progetto comune. Si parla di campo largo da oltre due anni, ma nessuna pietra è stata posta a difesa di un progetto quanto mai aleatorio. Non c’è un vincolo politico che unisca dem e 5 stelle e non può esserci, perché sono entrambi impegnati in una lotta per la guida della coalizione che impedisce il lavoro di costruzione necessario a una vera alleanza. I temi, il programma, le battaglie, è bastato l’avvicinarsi delle elezioni europee perché tutto svanisse o diventasse rumore di fondo.

Conte che definisce fesserie le ricostruzioni del Nazareno sullo strappo di Bari e che pretende scuse, Schlein che vola comunque in Puglia a sostegno di un candidato sindaco, Vito Leccese, a questo punto solo suo e di Verdi e Azione (5 stelle, Italia Viva e Più Europa stanno con Michele Laforgia, per dire la confusione) sono la dimostrazione di un progetto esploso nel peggiore dei modi perché non nutrito di politica, ma fondato su una necessità aritmetica che da sola non porta a nulla.

Ma non è questo, ora, il primo problema che il Pd a guida Schlein deve affrontare. È ingiusto e stucchevole da parte della destra e degli stessi 5 stelle imputare ai dem una questione morale che non riguarda certo solo o soprattutto loro. Anzi. È opportunistico, da parte di Conte, mandare all’aria le primarie di coalizione di domani, ma non la giunta Emiliano in cui i 5 stelle sono entrati con gioia e nella quale è scoppiato l’ultimo caso di compravendita di voti, con le dimissioni dell’assessora ai Trasporti Anita Maurodinoia. Detto tutto questo, Schlein ha ripetuto più volte di essere stata eletta per cambiare tutto nel Pd, ha detto pubblicamente – ancora ieri sera sul palco di Bari – che il suo partito non può accettare compravendite di voti, e deve ora agire di conseguenza.

Quello che è emerso in Puglia, così come quello che sta emergendo a Torino in un filone dell’inchiesta sulle infiltrazioni della ’ndrangheta in Piemonte (con le quali, è bene ribadirlo, il Pd non c’entra nulla), dimostra che i dem non sono immuni da una politica clientelare fatta di signori delle preferenze, ras locali che gestiscono le raccolte di voti in modi opachi, trasformismi pericolosi che nascondono sempre un’idea della politica ammalata di interesse e lontana dal bene pubblico.

L’ex governatore della Puglia Nichi Vendola, pur difendendo l’operato del sindaco di Bari Decaro e dicendo di credere in assoluto alla sua buona fede, ha detto di Michele Emiliano: «È lui che ha teorizzato un civismo sotto le cui insegne spesso si sono camuffati i ras delle reti clientelari, i Mister e le Miss preferenze, è lui che ha progressivamente cooptato nel campo del centrosinistra pezzi di destra, un ceto di traghettatori, di virtuosi delle porte girevoli da una parte e dall’altra, talvolta di professionisti senza professione».

È da certi pertugi che qualcuno si ostina a considerare realpolitik, che rischia di insinuarsi il malaffare. Le inchieste faranno il loro corso, i reati sono ancora da dimostrare, ma il problema politico della raccolta di voti opaca e a qualsiasi costo, è gigantesco e non ha bisogno di sentenze perché il Pd si decida ad affrontarlo. Così come dovrebbe essere inaccettabile, per la segretaria dem, ascoltare un presidente di Regione del suo partito raccontare come fosse nulla di aver portato un allora suo giovane assessore dalla sorella di un boss per invocare una sorta di protezione. Bari ha fatto un percorso che l’ha emancipata dall’oppressione mafiosa negli ultimi venti anni, come ha raccontato su questo giornale Nicola Lagioia. Di quel percorso ha fatto parte anche Antonio Decaro con decine di denunce che lo portano oggi a girare sotto scorta. È per difendere quel percorso, che l’intero Pd deve prendere la distanza dal racconto di metodi che sono fuori dalle pratiche di una democrazia sana. E che la segretaria deve dire non solo pubblicamente, ma con forza e dentro il suo partito, che l’ora dei trasformismi e dei voti raccolti dai capibastone è finita e mai avrebbe dovuto cominciare. Non per dare uno schiaffo morale a Conte e ai 5 stelle, ma per essere capaci di ripartire davvero da una nuova idea di sé. Schlein ha difeso ieri una comunità di persone oneste che aveva lavorato alle primarie e cui Conte ha mancato di rispetto con un atto indifendibile, da qualunque lato si guardi. Deve difenderle adesso da un modo di fare politica che non può appartenere al principale partito progressista italiano, anche se aiuta a vincere, anche quando conviene. La segretaria ieri lo ha detto. Adesso bisognerà farlo, senza guardare in faccia nessuno.

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