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SAARISELKA (FINLANDIA). Lo aveva promesso: andremo nel Paese di Babbo Natale. Certo, Rovaniemi, che del vecchio Santa Claus è la cittadina ufficiale, si trova più a sud, a circa tre ore di macchina, ma la suggestione qui è un po’ la stessa. Se chiudi gli occhi, e li riapri sul manto di neve punteggiato da abeti e basse casette di legno bardate di luci natalizie, puoi immaginare anche che l’omone dalla barba bianca che fa sognare i bambini di tutto il mondo è comunque di casa a Saariselkä, il piccolo villaggio della Lapponia dove è atterrata Giorgia Meloni per il vertice Nord-Sud, un formato inedito, ristretto a quattro che debutta su spinta della Finlandia.
Ospiti del primo ministro Patteri Orpo sono la premier italiana, il collega greco Kyriakos Mytsotakis, lo svedese Ulf Kristersson. Due Paesi del Nord e due del Mediterraneo ideologicamente più affini di quanto si possa pensare su alcuni specifici temi che oggi e domani saranno sul tavolo. Assieme a loro ci sarà anche Kaja Kallas, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari Esteri. La discussione si concentrerà sulle due principali sfide alla sicurezza dell’Ue: la minaccia russa e il fenomeno migratorio. Il secondo è stato inserito per volontà di Meloni, che ieri, al termine del vertice di Bruxelles, è tornata a insistere con la presidente della Commissione europea per accelerare la procedura di revisione sui Paesi terzi da considerare sicuri, dove poter trattenere i richiedenti asilo. Meloni vuole insistere sul modello Albania, ma con i colleghi riuniti al Polo Nord, discuterà anche delle prospettive di un cessate il fuoco in Ucraina.
Il luogo offre anche più di un simbolo. Il lungo confine con la Russia da qui dista appena 50 chilometri. L’invasore ha l’odore dei ricordi di una guerra lontana nel tempo – la Seconda guerra mondiale – che si ripropone nel silenzio di un’attesa. La Finlandia è entrata ufficialmente nella Nato poco più di un anno fa, abbandonando una neutralità militare che durava da decenni, e lo ha fatto dopo che Vladimir Putin ha scatenato tutta la sua rabbia contro Kiev. Lo stesso ha fatto la Svezia. A Bruxelles, con i colleghi riuniti a casa del segretario generale dell’Alleanza Atlantica Mark Rutte, Meloni ha aperto una prima breccia nel muro europeo, parlando di «stanchezza nell’opinione pubblica» di molto Paesi europei e occidentali. È stato un tema per molto tempo tabù, e lo è ancora nella parte Est dell’Ue, in quelle capitali che vivono geograficamente il terrore di lasciare a Putin anche solo una parvenza di vittoria in Ucraina.
C’è un soffio di imbarazzo tra i collaboratori della premier quando la domanda gira sulla figlia Ginevra. Ha fatto di tutto, ma proprio tutto, per non perdersi il summit alla fine del mondo, mai così a Nord dell’Europa, oltre il Circolo Polare Artico, nelle terre selvagge abitate dai Sami, il popolo lappone che custodisce i segreti del freddo e alleva le renne. Meloni ha sfidato la febbre alta, che l’ha costretta a restare in albergo, a Bruxelles, e a lasciare gli incontri del Consiglio europeo. Ha sfidato i consigli dei medici, le speranze dello staff: lo aveva promesso ed è venuta, mentre Ginevra l’ha raggiunta con la scorta da Roma. Un paio di giorni di vacanza, nel pieno del Natale, tra una sessione di lavoro e un’altra della mamma, in un posto con temperature che nella notte, se c’è vento, crollano oltre i meno 20 gradi. Il tempo di far visita alle renne, immaginarle alla testa della slitta di Babbo Natale, affondare i piedi nella neve, sperare di vedere l’aurora boreale che dipende dai capricci del cielo, e poi, domenica sera o lunedì, si torna a Roma. Dove la presidente del Consiglio è attesa, il giorno della vigilia, accanto a papa Francesco per l’inaugurazione del Giubileo.