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La paura di una società in crisi e la politica divisiva di Trump

2 giorni fa 1
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È triste dirlo, ma la società americana è davvero a pezzi. Le lacerazioni sociali sono troppo profonde per essere facilmente ricomposte. I fatti non contano più.

Paura e rabbia stanno alimentando la violenza politica, la violenza terroristica, la violenza nelle scuole, ogni tipo di violenza. In verità, non è esagerato dire che negli Stati Uniti la violenza è diventata parte integrante della vita quotidiana. Stiamo assistendo alla paura di una società in crisi. L’unica cosa che unisce gli americani oggi è una sensazione condivisa di paura, perlopiù paura uno dell’altro.

L’attentato del primo gennaio a New Orleans con un’auto scagliata contro la folla ancora una volta ha messo in luce l’atmosfera di paura e di trauma collettivo sempre più profondi in cui versa l’America.

In una nazione ancora sconvolta da anni di razzismo, tensioni e disordini sociali, polarizzazione politica e un flusso inesorabile di episodi violenti, l’ultimo l’attentato di New Orleans del primo gennaio, ispirato dall’Isis, nei telegiornali è soltanto una notizia come le altre. L’attentato non ha sconvolto la nazione come gli attacchi dell’11 settembre 2001. Oggi l’America è una società sfinita e traumatizzata, quasi assuefatta alla violenza. Il ciclo dei notiziari di ciascun nuovo atto efferato si quantifica ormai in termini di ore o giorni.

New Orleans, le immagini degli istanti in cui il furgone dell'attentore accelera e piomba sulla folla

Sembra che Shamsud-Din Jabbar, identificato come l’esecutore materiale dell’attentato, si fosse auto-radicalizzato come simpatizzante dell’Isis. Era nato e cresciuto in Texas e poche ore prima di scaraventare il suo furgoncino Ford contro la folla di Bourbon Street aveva postato online alcuni filmati pro-Isis. L’Fbi ha dichiarato giovedì che non ci sono stati complici. C’è, però, una curiosa coincidenza: Jabbar, veterano dell’esercito, aveva prestato servizio nella stessa base militare degli Stati Uniti di Matthew Livelsberger, un Berretto verde pluridecorato dell’esercito che era in servizio attivo presso una base degli Stati Uniti in Germania ma che il primo gennaio era a Las Vegas in permesso. Livelsberger ha fatto esplodere la bomba a bordo del Cybertruck Tesla all’ingresso del Casino-Hotel di Donald Trump a Las Vegas. Inoltre, per noleggiare i due veicoli entrambi gli attentatori si sono serviti della medesima app, un servizio denominato Turo. Finora, comunque, gli inquirenti non hanno stabilito alcun collegamento effettivo tra i due uomini.

Las Vegas, la Tesla che esplode vista dall'interno della Trump Tower

Trump è stato veloce nel cercare di sfruttare il massacro di New Orleans per i suoi fini politici. Ha twittato tutta una serie di menzogne, lasciando intendere che Jabbar fosse un immigrato clandestino arrivato negli Stati Uniti dal Messico. Ha falsamente accusato il «terrorismo radicale islamico» per l’attentato di New Orleans. I suoi consiglieri antimusulmani, come Stephen Miller, continuano a lasciar intendere che tutto dipende dal fatto che dal confine con Messico entrano terroristi islamici.

Mercoledì mattina, a poche ore di distanza dall’attentato, Trump ha suggerito, mentendo, che le sue condanne dell’immigrazione clandestina sono state ampiamente giustificate. «Quando dicevo che i criminali che arrivano in questo Paese sono molto peggiori dei criminali che già ci sono, i Democratici hanno regolarmente respinto le mie parole, così come Fake News Media. Invece ho detto la verità», ha scritto Trump sul suo sito web Truth Social. «Il tasso di criminalità nel nostro Paese è arrivato a un livello mai visto prima», ha aggiunto, mentendo di nuovo.

Trump ha fatto delle sue paure nei riguardi degli immigrati clandestini che varcano la frontiera con il Messico il tema centrale della sua campagna elettorale del 2024. Adesso minaccia di mettere in atto la più imponente deportazione di massa della storia degli Stati Uniti già a partire dal 20 gennaio 2025, il giorno in cui presterà giuramento e si insedierà alla presidenza. Preparatevi per un nuovo divieto d’ingresso nel Paese per i musulmani, oltre che per le deportazioni di massa. Preparatevi per un presidente che è un bugiardo seriale, un pregiudicato, uno specialista in populismo demagogico anti-immigrati. A Trump piace attizzare le paure della base prendendo come capro espiatorio gli immigrati. Ricordate anche che il prossimo presidente è colui che a settembre ha affermato che in Ohio gli immigrati haitiani mangiano cani e gatti.

Mentre Washington si prepara per la cerimonia di insediamento di Trump del 20 gennaio, quindi, il clima di paura viene amplificato ancor più dalla retorica incendiaria dell’ex presidente. L’affermazione falsa di Trump secondo cui Jabbar era un immigrato clandestino è una narrazione smentita in tutto e per tutto dagli inquirenti. Ma ciò non ha importanza. Per quasi la metà degli americani la verità non conta più. In una nazione che vacilla già sul baratro di profonde spaccature sociali, le menzogne di Trump sono come benzina sul fuoco.

La questione dell’azione terroristica ispirata dall’Isis a New Orleans è, purtroppo, soltanto l’ennesimo trauma collettivo per una nazione già in crisi. Del resto, l’uso di un veicolo scagliato a tutta velocità contro la folla in America o in Europa non è certo una novità. Il recente atroce attentato nel mercatino di Natale di Magdeburgo in Germania, il mese scorso, è soltanto l’ultimo esempio di un trend, spesso collegato all’Isis, che ha dato il peggio di sé nel 2016, quando a Nizza un camion di 19 tonnellate ha ucciso 86 persone e ne ha ferite altre 434.

Usare un autoveicolo per speronare la folla è diventata una delle tattiche più accessibili e devastanti utilizzate dagli attentatori ispirati dall’Isis. Con risorse ridottissime e minima pianificazione, gli esecutori possono provocare danni molto ingenti, creando scene di caos che sono messe in risalto nei notiziari di tutto il mondo. Il fenomeno ha iniziato a prendere piede dopo un articolo comparso nel 2010 sulla rivista filo-Isis Inspire nel quale si incoraggiavano esplicitamente i seguaci a usare veicoli alla stregua di “tosaerba” per provocare un gran numero di vittime.

Più in generale, questo episodio funge da cupo monito di come la macchina della propaganda digitale dell’Isis stia continuando a funzionare in tutto il mondo. Malgrado le sconfitte territoriali in Iraq e in Siria, l’ideologia del gruppo continua a vivere online, raggiunge soggetti vulnerabili aldilà di ogni confine. Alla fine, forse, si dimostrerà che l’attentato di New Orleans potrebbe essere in parte una conseguenza della rabbia ispirata dalla guerra a Gaza, una forma di ricaduta dal Medio Oriente nel cuore dell’America.

In definitiva, la capacità dell’America di risolvere i suoi problemi è compromessa dal clima politico che Trump sta imponendo a Washington. Il suo è un mondo nel quale i fatti sono optional, le menzogne normali, o addirittura accettabili, e la verità stenta a trovare voce. Il 70 per cento degli americani si informa dai social media: pensate a quante fake news e quanta disinformazione russa sono incanalate ogni giorno da Elon Musk su X (ex Twitter), dai tirapiedi di Mark Zuckerberg su Facebook e da altri miliardari che si stringono attorno a Trump come cortigiani della nuova oligarchia americana.

Con il ritorno di Trump al potere ormai imminente, i prossimi anni rischiano di essere assai difficili per gli americani. Quella che sta per aprirsi non sarà un’epoca di risanamento, ma di divisioni più ampie e più profonde. L’America non sarà coesa da un’unità di intenti, ma dalla paura, dall’odio e dal trauma collettivo.

L’Europa, naturalmente, non è nuova alle stragi perpetrate con veicoli lanciati sulla folla ad alta velocità, né al terrorismo. Tuttavia, in Europa la violenza resta in ogni caso un fatto raro, più che negli Stati Uniti. Adesso che la politica europea scivola sempre più verso l’estrema destra, possiamo soltanto sperare che la retorica divisiva di Trump e di altri estremisti non inneschi quello stesso tipo di paura e di rabbia che hanno lacerato la società americana. In tutta sincerità, spero proprio che questa terribile malattia sociale dell’America non si diffonda in Europa e non la contamini.

Traduzione di Anna Bissanti

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