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La Rai e il caso Scurati, l'ad Sergio: «Così si va a sbattere». Lo scrittore: «Io ora sono un bersaglio»

8 mesi fa 7
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Si addensano nubi su viale Mazzini. A preconizzarle è Roberto Sergio. Quando il caso Rai-Scurati ha ormai monopolizzato i giornali e spinto ad un duro botta e risposta la premier Giorgia Meloni e lo scrittore, l’amministratore delegato si lascia infatti andare ad uno sfogo tutt’altro che confortante. «Io cerco di far capire ai miei amici che così l’azienda va a sbattere, ma è tutto inutile» ha detto ieri al Corriere senza meglio precisare se il riferimento - come dedotto da molti - sia al direttore generale e amministratore delegato in pectore Giampaolo Rossi con cui i rapporti non sono ai massimi storici, oppure a nemici esterni alla tv di Stato. Ciò che è certo secondo Sergio è che qualcuno «vuole distruggere la Rai».

Anche per questo, quindi, il clima resterà rovente «fino a che non si arriverà al rinnovo del Cda». «Prima le polemiche sulla par condicio, poi il caso Vespa e quello Amadeus» ha confidato l’ad a un amico, leggendo in tutto ciò una «intollerabile provocazione politica».

Inevitabile però che il monito non finisse con alimentare ulteriori agitazioni. In particolare da parte del sindacato Usigrai che ieri ha indirizzo all’amministratore delegato una lettera aperta il cui senso è «non è mai tardi per cambiare rotta», invitandolo a «difendere» l’azienda da chiunque provasse a danneggiarla.

La risposta

Non si è ovviamente fatta attendere neppure la risposta di Scurati, che è tornato non solo sul discorso tagliato e poi declamato dalla conduttrice Serena Bortone sui Ra3, ma anche sulle parole di Meloni. «È duro, faticoso, doloroso - ha detto intervenendo alla manifestazione La Repubblica delle Idee, in corso a Napoli - sono un privato cittadino che legge e scrive libri e all'improvviso per aver fatto lo scrittore mi ritrovo al centro di una polemica politico-ideologica accanita, spietata e fatta di attacchi personali denigratori che mi dipingono come un profittatore, quasi come un estorsore». «Non voglio essere e fare la vittima», ha aggiunto Scurati: «Dopo che accadono delle cose arriva la paura, esci di casa e guardi a destra e sinistra. La tua vita è già cambiata». «Mi sono innervosito dopo che in seguito al post della Meloni sono stato costretto a fare una replica. Ma io non voglio fare la vittima», ha spiegato.

Prova a stemperare invece il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani. «Per quanto mi riguarda ognuno può dire quello che vuole senza insultare nessuno - ha detto a margine dell’apertura della campagna elettorale azzurra di Milano - Non mi sono mai permesso di chiamare nessuno, né alla Rai né altrove, per dire di non far parlare qualcuno. Per me questo non esiste. Però non bisogna neanche strumentalizzare tutto. Si tratta di tempeste in un bicchier d'acqua». Al di là dell’ottimismo di Tajani la polemica però, difficilmente si chiuderà già nel giro di qualche ora. In primis perché manca pochissimo alla festa della Liberazione del fascismo, e in secondo luogo perché la Rai è determinata a portare avanti un’indagine interna che definisca chi ha sbagliato e perché. In attesa di capirlo, è considerata però certo un’iniziativa disciplinare nei confronti della conduttrice Bortone, colpevole di aver lavato i panni sporchi sui social - aprendo il caso con un post su Instagram - piuttosto che rivolgendosi ad un responsabile all’interno dell’azienda per chiarire la situazione.

L’Usigrai però, è già pronta a rilanciare. Almeno a giudicare dal comunicato che ieri ha fatto leggere in tutti i tg e giornali radio della Rai e pubblicato sui siti di Rainews, TgR e Televideo. «Il controllo dei vertici della Rai sull'informazione del servizio pubblico si fa ogni giorno più asfissiante. Dopo aver svuotato della loro identità due canali, ora i dirigenti nominati dal governo intervengono bloccando anche ospiti non graditi, come Antonio Scurati a cui era stato affidato un monologo sul 25 aprile, in una rete, Rai3, ormai stravolta nel palinsesto e irriconoscibile per i telespettatori». «La stessa azienda - si legge all’interno del testo - che ha speso 6 milioni di euro per il programma Avanti Popolo, ora avanza motivazioni di carattere economico per l'esclusione di Scurati. Motivazioni già smentite dai fatti. Siamo di fronte ad un sistema pervasivo di controllo che viola i principi del lavoro giornalistico. L'assemblea dei Comitati di redazione della Rai - si ricorda - mercoledì ha proclamato lo stato di agitazione e approvato 5 giorni di sciopero. Gentili telespettatrici e telespettatori, noi ci dissociamo dalle decisioni dell'azienda e lottiamo per un servizio pubblico indipendente, equilibrato e plurale».

Parole contestate nel merito dalla Rai che, in una controreplica, fa sapere non solo che «nessun controllo sull’informazione e nessuna censura sono state operate dall’azienda nei confronti di programmi e conduttori», ma soprattutto che «nessuno ha mai messo in discussione la possibilità di partecipazione dello scrittore Antonio Scurati alla trasmissione “Che sarà”». E quindi, concludono dall’emittente pubblica, «il tentativo di strumentalizzare con polemiche sterili un caso montato sul nulla, rischia di vanificare il grande impegno che in questi mesi l’azienda ha profuso per migliorare il proprio assetto industriale ed economico e tutelare e valorizzare la grande tradizione del Servizio Pubblico».

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