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La sorpresa dell’aumento delle tasse

4 giorni fa 2
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L’aumento di quasi un punto della pressione fiscale, certificata dall’Istat al 40,8 per cento, non è certamente una buona notizia per un governo che si è speso in tutti i modi e con tutte le sue componenti ad annunciare un taglio delle tasse che nei fatti non c’è stato. Né d’altra parte può esserci se lo stesso governo è impegnato in una riduzione del deficit (che da qualcuno va spesata, cioè pagata) e da quest’anno in una manovra di rientro dal debito che via via si farà sempre più rigorosa, a meno che le regole del nuovo Patto di Stabilità non vengano riviste e in qualche modo ammorbidite (ma non è aria). All’indomani dell’approvazione della manovra, le opposizioni parlano di “governo delle tasse”.

L’altra faccia dei dati Istat comunicati ieri è però una crescita moderata del reddito e della propensione al consumo degli italiani: cosa che il partito della premier ha subito usato per reagire politicamente segnalando il “dinamismo” dell’economia italiana.

La verità, nota a tutti quelli che hanno seguito il progressivo dispiegamento della politica economica del destra-centro, è che l’esecutivo guidato da Meloni ha in realtà cucito i tagli fiscali su misura dei redditi medio bassi che costituiscono la gran parte del proprio elettorato. A ciò s’è aggiunta la flat tax al 15 per cento voluta da Salvini e riservata agli autonomi (partite Iva). La conseguenza è stata l’aumento della pressione sui redditi medio-alti, il taglio delle detrazioni (un altro modo di indurre aumenti fiscali, perché se non puoi applicare le riduzioni vuol dire che devi pagare di più), aumenti irrisori delle pensioni minime e conferma del blocco di quelle medio-alte, oltre al peso variabile, ma tuttavia in lenta diminuzione, dell’evasione fiscale.

Resta il fatto che la crescita moderata del reddito per il settimo trimestre consecutivo, in un Paese che ha nella sua memoria recente un lungo periodo di recessione, segnala che gli italiani - ovviamente quelli torchiati di meno - resistono al giro di vite. Almeno fino alla prossima rilevazione Istat, che dovrebbe tener conto della legge di stabilità, che ha accentuato in alcuni casi le tendenze appena descritte. E dell’accentuarsi della crisi industriale e in parte delle esportazioni, dovuta alla congiuntura negativa della Germania.

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