Al vertice voluto da Macron i leader europei riuniti a Parigi si sono divisi e hanno faticato a tenere il ritmo delle contrattazioni Usa-Urss: che con l’incontro tra il segretario di Stato Rubio e il ministro degli Esteri Lavrov muovono oggi il primo passo. Inoltre l’intervento del cancelliere Scholz, chiaramente improntato a cautela preelettorale (in Germania si vota domenica in una tornata elettorale molto delicata per il possibile successo dell’estrema destra di Afd, sponsorizzata da Vance e Musk), ha raffreddato le intenzioni del presidente francese, e soprattutto di Starmer, di inviare truppe sul territorio a difesa dell’Ucraina o un ingresso di Kiev nell’Ue per godere di una difesa comune.
In questo quadro la posizione di Meloni, giunta per ultima nella capitale francese a causa di inderogabili impegni, da un lato si fa più difficile e dall’altro si chiarisce. I distinguo adoperati dalla premier italiana, ad esempio per condividere in parte alcuni passaggi dell’intervento a Monaco del vicepresidente americano Vance - un discorso, per inciso, giudicato ingeneroso da quasi tutti i leader dei Paesi membri per il tono sprezzante nei confronti dell’Europa -, alla prova dei fatti si sono rivelati inutili. Perché Meloni si trova stretta tra il fronte filo Trump-Putin che in Italia ha in Salvini (ma anche in Conte) il proprio alfiere, e il resto dell’Europa dalla quale la premier italiana non può distaccarsi, pena il venir meno dell’ambizione di tentare di mediare tra Usa e Europa, obiettivo per il quale subisce la concorrenza del primo ministro inglese.
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Quanto poi alla possibilità che una mediazione del genere possa essere davvero esercitata, bisogna prendere atto che al momento lo spazio si è molto ridotto, se non chiuso del tutto. La sensazione è che Trump, per tramite di Vance e Rubio, e Putin, via Lavrov, vadano avanti come un treno. E solo l’effettivo - quanto concreto - insorgere di difficoltà nella trattativa di pace che comincia oggi a Ryad potrebbe rallentarli. Insomma, nella mente di Trump, Meloni al momento non ricopre un posto di primo piano. Ed è questa la ragione che la risospinge sulla sponda europea, alle prese con i suoi problemi, come dimostra l’estemporaneo vertice macroniano di ieri.