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Prima di Donald Trump, le cerimonie di insediamento erano noiose e formali, eventi di interesse solo per la scelta da parte del nuovo presidente delle persone incaricate di animarli, oppure per gli abiti indossati dalla First Lady, e non vi presenziavano mai leader di governi stranieri. Tuttavia, questa seconda inaugurazione del mandato di un settantottenne – diventato il primo presidente pregiudicato degli Stati Uniti, dopo aver trascorso gli ultimi quattro anni a smentire la sconfitta nelle elezioni del 2020 – ha catturato l’attenzione di tutto il mondo, motivo per il quale il Primo ministro italiano Giorgia Meloni ha preso l’insolita decisione di prendervi parte. E così pure ha fatto il vicepresidente cinese Han Zheng. Nessuno si aspetta che i prossimi quattro giorni siano noiosi, per non parlare dei prossimi quattro anni. Che cosa ci riservano i prossimi quattro giorni o i prossimi quattro anni non può saperlo nessuno, né in America né nella comunità internazionale, perché così vuole Trump, anche se probabilmente nemmeno lui sa con precisione quello che farà. Nel valutare quale sia il significato di questa cerimonia, i governi stranieri devono iniziare dal suo simbolismo per poi procedere, come deve fare la nuova Amministrazione, passando alle questioni pratiche.
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Il simbolismo inizia con la “grande bugia” di Trump rispetto alle elezioni del 2020 e al violento tentativo dei suoi sostenitori, il 6 gennaio 2021, di impedire la certificazione della vittoria di Joe Biden. Gli stranieri che sotto il predecessore repubblicano di Trump, Ronald Reagan, si erano abituati a considerare l’America come “la città in cima alla collina” che brilla per la libertà e la democrazia, forse avevano smesso da tempo di crederci. Di sicuro l’insurrezione del 2021 ha seppellito quell’idea per sempre. Nonostante ciò, quattro anni dopo, in una libera consultazione elettorale, gli americani hanno scelto di rieleggere l’uomo che ha cercato di ribaltare la Costituzione americana. Mentre era seduta durante la cerimonia, il Primo ministro Meloni avrà ricordato – così si spera – che maleducatamente Trump boicottò la cerimonia di insediamento del 2021, a conferma della sua affermazione non supportata da prove secondo cui era lui ad aver vinto.
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I conservatori stranieri come Meloni che affermano di avere a cuore la tradizione e l’identità nazionale devono ammettere che durante la cerimonia il vero conservatore è stato Biden, che si è attenuto alla tradizione, e non Trump. Non si tratta di una necessità squisitamente politica: i governi stranieri di ogni schieramento politico devono capire con che tipo di presidente americano avranno a che fare da adesso in poi, un sovvertitore, uno che infrange le regole, non un conservatore.
Sarà importante quando dovranno reagire alle azioni, più che alle parole. Per il vicepresidente cinese Han, le prime azioni saranno apparse sconcertanti. La decisione di Trump di rimandare l’imposizione di dazi doganali più alti sulle merci provenienti da Cina, Messico e Canada - nonostante le minacce nelle ultime settimane di farlo «fin dal primo giorno» - sarà stata la benvenuta. Ancora più sorprendente, tuttavia, è la decisione di Trump di permettere che l’app di social media di proprietà cinese, TikTok, riprenda l’operatività negli Stati Uniti nonostante una legge federale, appoggiata dalla Corte Suprema, l’abbia messa al bando.
La sorpresa nei confronti di questa decisione nasce dal fatto che lo stesso Trump aveva appoggiato per primo la messa al bando di TikTok quando era stata proposta per motivi di sicurezza nazionale, e l’iter della legge in un Congresso controllato dai Repubblicani era stato appoggiato da molti dei suoi sostenitori più fedeli. Han si starà chiedendo se questo potrebbe essere un modo diverso per accaparrarsi un vantaggio maggiore in vista di futuri negoziati. O forse indica l’influenza su Trump di Elon Musk, uomo che ha interessi immensi in Cina, oltre a essere un potenziale acquirente di TikTok? Tutto ciò può voler dire che Trump è intenzionato a fare affari con Cina e Russia invece di affrontarle?
Nel complesso, il messaggio che i governi stranieri hanno recepito dalla cerimonia dell’inauguration day e dalla prima raffica di ordini esecutivi è che questa sarà un’Amministrazione definita dal processo di risoluzione delle sue stesse contraddizioni, anche quando il nuovo presidente minaccia a gran voce di voler strappare il Canale di Panama ai suoi inesistenti gestori cinesi o di voler ridenominare il Golfo del Messico Golfo d’America. Gli europei si saranno sentiti sollevati dal fatto che si è concentrato su Panama e non sulla Groenlandia, e perché la tanto sbandierata minaccia di imporre dazi doganali universali non entrerà in vigore già questa settimana, anche se la sua proposta di istituire un “External Revenue Service” per gestire la raccolta dei dazi suona preoccupante. La promessa di Trump di cancellare il “Green New Deal” di Biden e autorizzare l’esplorazione e la ricerca di combustibili fossili avrà preso in contropiede soltanto poche persone, tenuto conto che Trump è sempre stato un negazionista del riscaldamento del clima. In ogni caso, l’effettiva concretizzazione di questa sua seconda promessa dipenderà da quanto le società petrolifere riterranno giustificato un investimento del genere con l’attuale prezzo del petrolio inferiore agli 80 dollari al barile.
Più di ogni altra cosa, il ritratto che Trump ha dato di sé - a uno stesso tempo forte, espansionista e pacificatore - avrà fatto sollevare qualche sopracciglio in Ucraina e tra i sostenitori europei di quest’ultima. Ricorrerà alle minacce per costringere il suo amico Vladimir Putin a sedersi al tavolo dei negoziati, come ha fatto per Gaza? Oppure riserverà le sue prepotenze per i Paesi che considera deboli?
Il futuro di sicuro non sarà noioso. Deprimente, forse. Speriamo di essere sorpresi. Traduzione di Anna Bissanti