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Laureati in lettere, ecco i nuovi lavori: «Le aziende li cercheranno per controllare gli algoritmi». La rivincita degli umanisti

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Non solo ingegneri, esperti di Ia e big data e tecnici specializzati in costruzioni ed energia green. Nei prossimi cinque anni in Italia potrebbero essere sempre più cercati dalle aziende alcuni profili umanistici molto creativi o specializzati, dagli psicologi del lavoro e i cosiddetti “project manager”, fino agli esperti di relazioni pubbliche e dell’immagine, utili a coordinare o integrare l'utilizzo dell'intelligenza artificiale. Mentre i professionisti (dagli architetti e i commercialisti agli avvocati) saranno spinti ad aumentare la qualità del loro lavoro per distinguersi dalla concorrenza degli algoritmi.

A prevederlo sono diversi report di società di consulenza e recruiting come Ey, Pearson Italia, Accenture, ManpowerGroup e PageGroup, con quella che gli esperti del mercato del lavoro considerano una progressiva e maggiore ibridazione tra le competenze tecnologiche e alcuni profili umanistici, resa indispensabile dall'avvento tumultuoso delle nuove tecnologie. Ibridazione che varie aziende italiane e alcune università hanno già iniziano a sperimentare, anche con corsi di alfabetizzazione all'IA intersettoriali.

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I PROFILI

Intanto la fotografia dei profili più cercati dalle aziende quest'anno è stata scattata da Excelsior e Unioncamere, che in un report parlano di 770mila posti di lavoro che potrebbero essere creati nel 2025. Più di due terzi, però, sarebbero generati dalla sostituzione di chi esce, il resto da nuove opportunità. Bisognerà però comunque valutare il numero delle cessazioni tra i 2,8 milioni di contratti a tempo determinato o i passaggi di mansione tra chi ne ha uno stabile. Se calano le richieste nel comparto dell'automotive, in piena crisi, crescerà la logistica a partire dai magazzinieri. Tra i posti di lavoro più cercati ci saranno anche gli addetti del commercio al dettaglio e all'ingrosso e i lavoratori di hotellerie e ristorazione, come gli operai edili e dell’industria. Ma si tratta di profili che nei prossimi anni potrebbero essere in parte insidiati dalle nuove tecnologie, per sviluppare le quali sono invece in crescita le richieste di esperti informatici di IA e cibersecurity, di professionisti per la telemedicina e la salute digitale e di ingegneri per la sostenibilità e la transizione energetica.

Le imprese continuano però a denunciare il cosiddetto “mismatching”, cioè la distanza tra la domanda e l'offerta di lavoro. I giovani profili lavorativi che le aziende dicono essere più difficili da trovare sono i laureati in ingegneria, i diplomati del sistema moda o i qualificati nell’indirizzo legno. Come segnala PageGroup, poi, rimane il problema di stipendi stagnanti e in media ancora troppo bassi rispetto alla media Ue. Ma dalle imprese arriva già “la riscossa” di alcuni profili umanistici, a partire dagli psicologi.

LE NOVITÀ

«Complice la maggiore attenzione al tema della salute psicologica – spiega David Lazzari, presidente dell'Ordine degli psicologi- sono sempre di più le aziende che assumono o chiamano come consulenti i nostri professionisti per dare supporto terapeutico e gli psicologi del lavoro sono sempre più importanti per orientare e selezionare il personale, anche controllando e approfondendo la prima scrematura dei curricula, che già viene fatta dal alcune società tramite l'IA». Secondo Ey gli analisti di mercato e gli psicologi nelle aziende potrebbero crescere di oltre il 3% nei prossimi anni.

Ancor più forte, del 15,6%, sarebbe l'aumento degli esperti in relazioni pubbliche e dell'immagine, che sappiano andare oltre le capacità dei vari ChatGpt. Secondo il World Economic Forum e i report realizzati da Pearson Italia e ManpowerGroup saranno poi cercati in tutto il mondo, Italia compresa, esperti di interazione tra uomo e macchine (anche tra i laureati in lettere o filosofia, per lo sviluppo di algoritmi etici e responsabili), sceneggiatori di livello (oltre gli schemi poco efficaci degli algoritmi usati dalle piattaforme di streaming come Netflix), esperti di contenuti da veicolare sul web irriproducibili dall'IA, insegnanti di discipline umanistiche e “manager” per la relazione con i consumatori digitali. Ma anche sviluppatori di piani per lo smart working da inserire nelle risorse umane, vista la crescente importanza della flessibilità per i lavoratori e designer di interni per ripensare gli uffici.

I PROFESSIONISTI

«Serviranno – aggiunge Giuseppe Italiano, prorettore per l'IA e il digitale della Luiss - anche sociologi capaci di utilizzare gli algoritmi per analizzare dati e personalizzare interventi, esperti di comunicazione che sappiano far leva sull’IA per potenziare le loro capacità, o manager che interpretino gli input delle macchine. Per questo alla Luiss abbiamo reso obbligatorio proprio da quest’anno il corso di ‘AI Literacy’, anche per le lauree umanistiche e sociali, e creato un centro di ricerca che studia l'impatto degli algoritmi sulla società».

«Sicuramente – aggiunge Marco Leonardi, professore di economia e management alla statale di Milano ed ex consulente di Mario Draghi - verranno insidiati alcuni lavori ripetitivi o anche intellettuali come il grafico e il correttore di bozze, così come le professioni di architetto, commercialista ed avvocato. Ma per queste figure si abbasseranno i costi di entrata, migliorerà la produttività e ci sarà uno stimolo a far meglio della macchina. D'altronde serviranno sempre ottimi professionisti, che per questo, anche se saranno meno, saranno più qualificati e più pagati».

In questo senso agisce anche il primo disegno di legge italiano sull'IA, che quest’anno dovrebbe essere approvato dal Parlamento. Si specifica ad esempio che nella giustizia gli algoritmi possono essere usati per semplificare il lavoro di cancelleria o trovare riferimenti di legge o sentenze, ma mai per scrivere autonomamente un verdetto. In ogni caso, secondo Ey, la quota di assunzioni che le imprese italiane considerano difficili da realizzare potrebbe salire nel 2030 dal 48% a oltre il 50%. Non solo: in cinque anni per Accenture bisognerà riqualificare e potenziare le competenze digitali di circa il 60% della forza lavoro italiana, in particolare per le mansioni più ripetitive.

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