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La preoccupazione per la bassissima natalità che caratterizza l’Italia, per un ”inverno demografico” che rischia di congelarne il futuro, dovrebbe produrre un sovrappiù di attenzione per i sempre meno numerosi bambini e ragazzi che ci sono, per il loro benessere e opportunità di crescere e svilupparsi nel migliore dei modi. Purtroppo, invece, l’Italia continua ad essere, tra i paesi ricchi e sviluppati, uno dei più disattenti alla situazione delle bambine/i e adolescenti e alle disuguaglianze nelle opportunità di crescita derivanti non solo dalle diseguaglianze tra famiglie, ma anche tra territori. Non solo da chi, ma dove si nasce in Italia fa una grande differenza, a partire dal rischio di morire nel primo anno di vita. L’Italia, infatti, è tra i paesi a più basso tasso di mortalità infantile, ma nascere nel Mezzogiorno presenta un rischio del 50% maggiore rispetto al nascere altrove.
I divari territoriali e infraterritoriali nelle condizioni di crescita sono oggetto del Rapporto annuale del Gruppo di lavoro per la convenzione sui diritti dell’infanzia e l’adolescenza (CRC) presentato qualche giorno fa, basato su un ricco insieme di dati di fonte ufficiale. In un quadro generale in cui vi sono pochi miglioramenti ed invece diversi peggioramenti, emerge non soltanto l‘ahimè consueto divario tra Centro-Nord e Mezzogiorno, ma anche importanti, e per certi versi inattese, differenze entro queste grandi macro-aree. Così. la mortalità infantile, col 2,57% è in diminuzione a livello nazionale, ma in aumento in 6 regioni (Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Molise). La Calabria si conferma la regione con la percentuale più alta 4,16‰, seguita da Sicilia 3,89 ‰, Liguria 3,27‰ e Campania 3,11‰, mentre l’Umbria ha il tasso più basso (1,15‰). In quasi tutte le regioni è diminuito il tasso di abbandono scolastico, salvo che in Abruzzo, Sardegna, Provincie di Bolzano e di Trento. La percentuale di studenti della scuola primaria che può fruire del servizio mensa è un po’ aumentata, ma permangono enormi differenze territoriali, con la Sicilia al 12,70%, la Puglia al 18,50% e la Campania 24%. Si tratta delle regioni ove più alta è la povertà minorile, quindi più necessario sarebbe poter avere garantito un pasto adeguato almeno una volta al giorno. Come è noto, l’incidenza della povertà minorile è aumentata a livello nazionale, ma ciò vale n particolare per 10 regioni, al Sud, ma anche al Nord - Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Sardegna, Toscana, Umbria, Veneto – pur rimanendo sensibilmente più alta in quelle meridionali.
Il livello di copertura dei nidi è in aumento a livello nazionale, anche se, al 30%, ancora al di sotto del 33% che si sarebbe dovuto raggiungere nel 2010 e lontanissimo dall’obiettivo del 45% nel 2030. Soprattutto, persistono grosse disparità territoriali, con alcune regioni, Sicilia e Campania, che non raggiungono neppure il 15%. Desta preoccupazione, da questo punto di vista, la riduzione operata da questo governo del Fondo nazionale per il sistema zero-sei e ancora di più la ridefinizione dell’obiettivo di copertura entro il 2027 al 33% a livello nazionale, ma al 15% a livello regionale, invece che, come deciso nel 2021, 33% a livello comunale, congelando, di fatto, i divari esistenti.
Differenze territoriali si notano anche nelle attività extrascolastiche, con le bambine/i e adolescenti del Centro-Nord che in generale praticano sport più spesso che nel Mezzogiorno forse, perché vivono in contesti maggiormente dotati delle infrastrutture necessarie. Si dedicano anche più spesso alla lettura el tempo libero, pur con grandi differenze infra-territoriali, in parte dovute alla diversa disponibilità di biblioteche pubbliche. Sicilia, Campania e Calabria sono le regioni in cui la lettura è meno diffusa, Toscana e provincia autonoma di Trento quelle in cui lo è di più.
Sono più che raddoppiati in poco tempo (da 139 nel 2021 a 311 nel 2024)) i minorenni trattenuti negli istituti penali, un dato che Raffaela Milano nella prefazione giustamente sottolinea come un segnale non già del peggioramento della qualità umana dei minorenni, quanto del sistema giudiziario minorile, che per tanti anni era stato modello di riferimento per un percorso educativo e di risocializzazione sempre considerato prioritario rispetto alla detenzione.
Questi ed altri dati presenti nel Rapporto forniscono un quadro delle diseguali opportunità di crescita che hanno i più piccoli nel nostro paese che dovrebbe costituire il punto di partenza di qualsiasi agenda politica preoccupata del futuro del paese. Non basta incoraggiare la natalità con qualche bonus una tantum. Occorre garantire ai bambini, dovunque vivano, qualsiasi famiglia abbiano alle spalle, condizioni adeguate per una buona crescita.