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Ma Bruxelles decida di non farsi bullizzare

2 giorni fa 3
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Il bullismo sembra la nuova stella polare della politica internazionale. Con la legge della forza che torna a farla da padrona e l’aggressività social che rimpiazza la diplomazia. Tanto che è normale che il presidente americano minacci di annettersi la Groenlandia. E il suo vicepresidente si permetta di dire che la democrazia europea è in pericolo perché gli estremisti di destra non hanno libertà di parola, quando pare di sentire solo loro. «I nuovi pistoleri delle nostre vite», per dirla col direttore Andrea Malaguti, ridisegnano i tempi e gli spazi della geopolitica. E l’Europa? È condannata a farsi bullizzare da Stati Uniti, Cina e Russia? La famosa frase attribuita a Henry Kissinger, «chi devo chiamare se voglio parlare con l’Europa?» , oggi andrebbe riscritta. Per diventare: chi devo seguire sui social media per capire che cosa vuole l’Europa? Chi è l’Influencer-in-chief?

Sbaglieremmo a cavarcela dicendo che l’Europa è diversa e deve continuare a mostrarsi tale, puntando tutto sul suo soft power e sulle ragioni del multilateralismo. Certo, non possiamo metterci a fare i bulli anche noi, ma dovremmo trovare una strategia credibile per non farci bullizzare. Anche i poteri «morbidi» hanno bisogno dell’ombra della forza: magari non ostentata, ma presente qualora si renda necessaria. Quell’ombra oggi non c’è. E non possiamo nasconderci dietro l’ombra della forza americana. Anche quando Trump e soci passeranno, portandosi via la parte più folkloristica del bullismo a stelle e strisce, alcuni cambiamenti resteranno, come l’allontanamento degli Stati Uniti dalla Nato e il loro crescente protezionismo commerciale. L’Europa deve farsene una ragione.

Le ricette per uscire dall’angolo e fare dell’Unione Europea (o di un suo sottoinsieme) un vero attore geopolitico, ci sono. La Commissione Von der Leyen ha appena proposto di ammorbidire le regole fiscali europee per consentire maggiori spese militari. E Il piano Draghi prevede investimenti pubblici e privati per rafforzare l’indipendenza strategica dell’economia europea e il suo tasso di innovazione. Esercito, materie prime, algoritmi. Ma tutti questi sforzi rischiano di non produrre nulla, se non si affrontano le cause che frenano il cambiamento. Procedere in ordine sparso non porterà a niente. E l’Unione Europea non ha le risorse proprie (e le istituzioni politiche) per muoversi da sola.

Il tema delle risorse proprie è prioritario, perché la sovranità senza risorse è un’ombra senza sostanza. Nel corso della storia, gli Stati nazionali sono stati forgiati da guerre e tasse. Per evitare le prime, servono le seconde. Oggi l’Unione Europea si trova a un bivio simile: aspira all’autonomia strategica, ma senza risorse proprie la sua sovranità resterà un miraggio. La storia insegna che l’autorità politica ha sempre seguito il denaro.

Dalle città-stato dell’Italia rinascimentale ai moderni Stati nazionali, il controllo delle risorse ha sempre significato controllo sul proprio destino. Le ambizioni europee di influenza geopolitica, leadership tecnologica e coesione sociale non possono poggiare soltanto sulla buona volontà degli Stati membri. Senza una vera unione fiscale, l’Unione Europea non può essere un attore globale. Servono tasse e debiti: il cuore della sovranità fiscale deve spostarsi in maniera consistente a livello europeo. Basta pensare alla telefonata di Trump a Putin, che in un colpo solo ha estromesso Ucraina e Unione Europea. Se ci fosse già stata un’Europa capace di badare a sé stessa e mobilitare le risorse economiche per gestire una crisi geopolitica di questa portata, il presidente degli Stati Uniti d’Europa avrebbe convocato Zelensky, facendosi una foto con sullo sfondo tutti i capi di governo europei, garantendogli che se l’Ucraina non ritiene la pace giusta, l’Ue è pronta a sostenere da sola la sua guerra di difesa (in fondo parliamo dello 0, 2 percento del Pil europeo).

Questa scena non la vedremo. Perché mancano risorse economiche per sostenere istituzioni compiutamente europee. Ma nel mondo che si apre, non ci sono alternative a spostare il cuore della sovranità europea, tasse e debiti, ancora di più a livello europeo. Con chi ci sta, con chi è pronto a fare questo passo. L’alternativa è quella di farci bullizzare. Alternativa a cui, come europee ed europei, prendendo a prestito la canzone sanremese di Willie Peyote, dovremmo rispondere: grazie ma no, grazie.

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