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Manuela Petrangeli uccisa dall'ex, la rabbia della mamma: «Maledetto, mi farò giustizia da sola»

6 mesi fa 7
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Manuela non c’è più e il pianto di una madre dietro le finestre al primo piano dei lotti popolari di Primavalle non può passare inosservato. Uno strazio che scuote e si diffonde pesante in via Angelo Mai nel primo pomeriggio, quando i gatti dormono e i bambini leggono la notizia sul cellulare. «Maledetto, maledetto da Dio», grida mamma Patrizia accudita da parenti e amici. «Lo dovevamo ammazzare prima», sono le parole di dolore che arrivano in cortile, come «bestia» e «bastardo maledetto». C’è chi prova a calmarla, chi la fa parlare a lungo. Una cortina di protezione scatta intorno alla famiglia, che scopre alla spicciolata che quel fattaccio di cui si parla ovunque riguarda proprio Manuela, la loro bella, dolce Manuela. Le lacrime impediscono di parlare, anche la rabbia.

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Nella casa è un viavai, qualcuno resta sotto «non ho il coraggio...», molte donne si riuniscono e commentano esasperate l’ennesimo femminicidio. «Io me la faccio da sola giustizia» si sente urlare, altre dicono «basta, bisogna uscire con il fucile in tasca» e «non merita neanche un processo...». Primavalle a metà pomeriggio realizza che Manuela Petrangeli, sempre disponibile, gentile, «fuori dal comune, anche per questa nostra semplice zona, una super donna» ammette in lacrime un’amica, è morta ammazzata. «Fucilata» il grido che arriva dalla casa della mamma. Che non si dà pace. Nessuno, come troppo spesso avviene, si aspettava tanto, una furia omicida che stride con la stessa immagine di Manuela, riservata, elegante, sempre sorridente.

I SINGHIOZZI

Forse anche lei non ha colto fino in fondo il pericolo. Ora in casa si mettono in fila ricordi, qualcosa forse non torna. Ma è troppo presto. È l’ora del dolore. Quello più buio, che porta a minacciare «lo devono fare a pezzi...». Frasi confuse nei singhiozzi ininterrotti. Perché in realtà, chi si affaccia anche solo per fumare una sigaretta è solo sfigurato dal pianto, il volto mite di chi sta soffrendo e non sa dove trovare le forze.

«Veniva a prendere il bambino, non mi sembrava un pazzo...», dice una vicina. Qui si conoscono tutti, dai tempi dei tempi. Manuela la si vedeva tutti i giorni. «Ieri stava giocando qui dietro con il figlio...», alla notizia tutti restano increduli, gli occhi si velano, cala il silenzio. Qualcuno resta a lungo sulla panchina, lo sguardo nel vuoto. Un amico ricorda Manuela: «Brava donna, umana». L’infermiera di tutti, pronta a correre al capezzale, sempre presente, per infortuni o semplici punture, badava a tutti, era fatta così. «Chi poteva aiutare, aiutava». Non ha badato a sè, a sufficienza. Forse ha sottovalutato, proprio per quella sua bontà e riservatezza che ora raccontano tutti, quanto stava per accadere. «Denunciare, subito, prima che sia troppo tardi», sentenzia un’altra vicina prima di andar via.

«ERA TROPPO BUONA»

Manuela svettava solare, discreta e leggera, «viveva per il figlio» e sempre per lui qualcuno insinua il sospetto che abbia sopportato chissà piccole forme di prepotenza. «Sempre per lui» ripete un’amica. «Lo teneva come un principe». Si erano viste il giorno prima, la sera i ragazzini fanno confusione quando la gente dorme e il giorno dopo si deve svegliare, «qualcuno si lamenta, Manuela non era capace, mi ha guardato pacifica, era davvero buona...». I parenti continuano ad arrivare, ricordano quella donna che «si era presa due master, una grande professionista», quelli più alla lontana sanno poco e niente di Gianluca Molinaro, l’omicida, «li ho visti anni fa a un matrimonio, mi sembravano malassortiti...». Manuela teneva tutto per sè, o forse solo in famiglia confidava quel che ora potrà essere decisivo per le indagini. «Ha premeditato tutto», sussurra un parente sotto il portone dove fino al giorno prima Manuela giocava con il figlio e scherzava con la mamma.

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