ARTICLE AD BOX
«Un errore». Il summit di Parigi, convocato dal presidente Emmanuel Macron per studiare le contromosse dell’Europa sul negoziato solitario tra Trump e Putin, a Palazzo Chigi viene visto come fumo negli occhi. Quasi fosse un’indebita «accelerazione» o quanto meno una falsa partenza. Necessaria, considerando che l'inviato di Donald Trump per il Medio Oriente, Steve Witkoff, e il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Mike Waltz, arriveranno già oggi in Arabia Saudita per dare il la ai negoziati con i russi lasciandoci fuori dal tavolo assieme a Kiev. Ma “'l modo ancor m'offende”, l’irritazione verso Parigi che filtra da Palazzo Chigi. Ad indispettire la premier, raccontano autorevoli fonti, il formato dal summit deciso da Macron. Ovvero otto paesi più i vertici Ue: oltre alla Francia, siederanno al tavolo d’emergenza Germania, Regno Unito, Italia, Polonia, Spagna, Paesi Bassi e Danimarca. Presenti anche il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il segretario generale della Nato Mark Rutte.
GLI ESCLUSI
Un formato che lascia fuori «Paesi in primissima linea nel sostegno a Kiev, vedi gli scandinavi e i baltici». Con la Finlandia al confine con la Russia su una linea di ben 1.340 km, dunque in una posizione estremamente delicata. Tant’è che il governo di Helsinki più volte ha accusato Mosca di ritorsioni per l’adesione del Paese nordico all’alleanza militare della Nato, formalizzata il 4 aprile scorso. E così se l’accelerazione impressa dagli States alla partita Ucraina sta indebolendo l’Europa, decidere «in pochi» - osserva Meloni con i suoi - è una scelta infelice, che rischia di sfarinare ancor più il fronte europeo. Se questo pomeriggio la presidente del Consiglio sarà a Parigi - «giusto usare il condizionale», invitano le stesse fonti, pur precisando che al 90% la premier non mancherà l’appuntamento - Meloni lo dirà forte e chiaro, puntando il dito, come già fatto in passato, contro «un’Europa di serie A e di serie B: non può essere se vogliamo contare qualcosa».
I SEGNALI DELLA VIGILIA
Un’irritazione, la sua, percettibile anche mettendo insieme i segnali arrivati alla vigilia del summit. Nella serata di ieri nessuna comunicazione ufficiale della presenza di Giorgia Meloni al vertice era arrivata alla stampa italiana, solo la notizia del rinvio del Consiglio dei ministri, previsto per oggi ma slittato a mercoledì. Mentre l’Eliseo già nel pomeriggio di ieri annunciava la «riunione informale» in agenda. In realtà, nella nota di Parigi non si esclude che «i colloqui potrebbero continuare in altri formati, con l'obiettivo di riunire tutti i partner interessati alla pace e alla sicurezza in Europa». Non abbastanza per Meloni. Che guarda con estrema preoccupazione all’Ucraina, i lanci di agenzia sulla sua scrivania che raccontano della fuga in avanti degli Usa, ma anche di centomila persone rimaste al freddo a Mykolaiv per un attacco russo con droni alle infrastrutture critiche della città.
NO A PACE FITTIZIA O DETTATA
L’Italia non è disposta a far ingoiare a Kiev una «pace fittizia o dettata», messa nero su bianco da Usa e Russia, con l’Ucraina e l’Europa lasciate a guardare. Ma Meloni vede ancora spiragli sulla possibilità di far sedere l’Europa al tavolo dei negoziati. «Gli incontri in Arabia Saudita delle prossime ore non saranno risolutivi, siamo a livello di primi contatti. C’e ancora spazio per entrare a far parte dei negoziati», riferiscono fonti diplomatiche italiane. Del resto il temibile Keith Kellogg, l'inviato speciale della Casa Bianca per la pace tra Russia e Ucraina, ha spiegato di vivere secondo i tempi dettati da Trump, assicurandosi 180 giorni di tempo per coinvolgere tutte le parti: «ho avviato il conto alla rovescia», l’avviso ai naviganti. La sabbia nella clessidra scorre veloce, ma c’è ancora tempo affinché il Vecchio Continente rientri in gioco, restando «testardamente agganciato agli States», la convinzione di Palazzo Chigi. Il fronte deve restare comune, anche a protezione di Kiev quando si arriverà alla pace. Tradotto: non si può pensare che sia soltanto l’Europa ad inviare soldati, ad alimentare in futuro le forze di peacekeeping sotto l’egida delle Nazioni Unite. Tra le frecce nell’arco europeo, per indurre l’America a più miti consigli, anche le sanzioni imposte alla Russia in risposta all'aggressione militare nei confronti dell'Ucraina. «E’ uno degli elementi che può spingere gli Usa a farci spazio al tavolo dei negoziati», spiegano le stesse fonti, pur invitando alla cautela. Ne avrebbe parlato a Monaco il ministro agli Affari esteri Antonio Tajani con il Segretario di Stato Marco Rubio, ma «vedremo se a Parigi Meloni affronterà la questione...».
UN EQUILIBRIO DA FUNAMBOLO
Perché a Roma è convinzione diffusa che Trump picchi duri per dare una scossa all’Europa, costringendola a fare di più: andare allo scontro con gli States sarebbe controproducente. Difficile però convincere gli alleati, sotto choc per la guerra senza quartiere aperta dal tycoon. E’ il doppio binario su cui muove Meloni: non restare isolata in Europa mantenendo tuttavia saldo il rapporto con la Casa Bianca, le due direzioni di marcia. Un gioco di equilibrio da funamboli. Un gioco arduo visti i tempi che corrono.