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Migranti, Meloni a Scholz: «Lavoriamo insieme in Ue». Distanza sui trasferimenti

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Può suonare paradossale. Olaf Scholz, cancelliere e capo dei socialdemocratici tedeschi, spiega a Giorgia Meloni la “linea dura” sui migranti. Succede anche questo in settimane di bufera politica che riscrivono geometrie e strategie a Berlino. Si sentono per una breve telefonata all’indomani dell’Assemblea generale dell’Onu a New York: uno dei tanti contatti che il tedesco sta avendo con gli altri leader europei sulla questione migratoria. Trovano convergenze un tempo impensabili o almeno così fa sapere Palazzo Chigi nella nota che dà conto del colloquio.

Promettono «uno stretto raccordo» in vista dei prossimi Consigli europei, sono entrambi convinti che si debba «consolidare il nesso tra dimensione interna ed esterna della politica migratoria Ue, rafforzano in particolare le politiche in tema di partenariati con i Paesi di origine e transito dei migranti». È un altro però l’elefante nella stanza. Non le mire di Unicredit su Commerzbank che scaldano il dibattito tedesco ma «non sono entrate nella conversazione», assicurano fonti del governo italiano sulla scia di quanto detto da Meloni a New York: «Il governo è estraneo, in Ue c’è il libero mercato».

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IL NODO DUBLINANTI

L’elefante semmai è la decisione assunta dal governo federale a inizio settembre di blindare le frontiere, respingere i migranti illegali che cercano di attraversarle dal confine italiano. Non più: per sei mesi il governo Scholz rafforzerà i controlli, frontiere blindate a partire dal 16 settembre. Una decisione che ha spiazzato la destra al governo a Roma anche perché accompagnata da una minaccia velata: rispedire in Italia ventimila “dublinanti”, i migranti che - stando alla definizione del Trattato di Dublino - entrano in un Paese di primo approdo ma poi fuggono in un altro.

La Germania ne ha accolti 15mila l’anno scorso, circa altri 6mila nei primi mesi del 2024 e cresce il pressing dell’opinione pubblica tedesca per rinviarli indietro. Peccato che l’Italia abbia deciso unilateralmente un anno fa di sospendere il Trattato di Dublino - allora giustificandosi per l’afflusso record di migranti dal Mediterraneo, una vera emergenza - e tutt’oggi non intende tornare alle vecchie regole: non riaccoglierà i dublinanti. Nella telefonata a Meloni, si legge ancora nella nota italiana, «il Cancelliere Scholz ha illustrato le ragioni alla base della recente decisione tedesca di reintrodurre i controlli di frontiera con gli Stati membri confinanti e le ulteriori iniziative introdotte dalla Germania per contrastare gli arrivi irregolari». Meloni rassicura l’interlocutore, a Palazzo Chigi si danno addirittura di gomito: «Noi arrabbiati per la linea dura tedesca? Ma se anche loro vanno a lezione da Meloni per gestire i migranti!». Sa bene in verità, la premier, che la questione è più complessa. Scholz è in difficoltà sul piano interno. Ovunque l’ultradestra di Alternative fur Deutschland (Afd) avanza, alle elezioni in Turingia e Sassonia si è affermata in modo schiacciante, nell’ultima attesa tornata in Brandeburgo è stata fermata di un soffio dai socialisti ma ha comunque rastrellato consensi record. Una campagna contro il governo Scholz che monta e si fa insidiosa proprio su due terreni scivolosi: la gestione dell’emergenza migranti, con la Germania in cima ai Paesi Ue per accoglienza tra profughi ucraini, siriani e “dublinanti” dai Paesi confinanti - e il sostegno all’Ucraina di Zelensky. Scholz è un leader claudicante, in questa fase. I rapporti con Meloni non sono idilliaci, da quando ha provato a tenere l’Italia a margine delle trattative per i top-jobs e la nuova Commissione europea lo scorso giugno. Ma il clima in tre mesi è cambiato e ora che Roma è entrata nella cabina di regia della nuova Ue con Raffaele Fitto una distensione è perfino necessaria. Aiuta il filo diretto del Quirinale con Berlino: proprio in queste ore il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è in visita ufficiale insieme all’omologo (e amico) Steinmeier ed entrambi nei giorni a venire parteciperanno, in Germania e in Italia, a una commemorazione delle stragi naziste durante la II Guerra Mondiale.

LE CONVERGENZE

Fra Meloni e Scholz, si diceva, le convergenze parallele invece non mancano. Sull’immigrazione difficile immaginare capovolgimenti. L’Italia, è la linea del Viminale, non intende riprendere i dublinanti che hanno attraversato nell’ultimo anno la frontiera tedesca. E cercherà di fermare il pressing di Scholz su Ursula von der Leyen per costringere il governo italiano a rispettare le regole di Dublino. Complice la sponda dei popolari del bavarese Manfred Weber con cui Meloni in un recente incontro a Roma ha stretto un’entente cordiale per la prossima legislatura all’Europarlamento con l’impegno reciproco di darsi una mano su un’agenda comune, dal Green deal al dossier migratorio, appunto.

L’altro capitolo si chiama Ucraina e anche qui rispuntano le strane convergenze tra Roma e Berlino. Sia Scholz che Meloni in questa fase preferiscono evitare di esporsi troppo in pubblico sugli aiuti militari a Zelensky per evitare un boomerang nell’opinione pubblica. Dietro le quinte però i rispettivi Paesi fanno la loro parte. Hanno entrambi aderito a un’alleanza per la difesa aerea ucraina durante il summit della Nato a Washington. A giorni Zelensky otterrà la seconda batteria di missili Samp-T fornita da Italia e Francia.

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